Romani ex improuiso pulueris vim magnam animaduertunt; nam prospectum ager arbustis consitus prohibebat. Et
primo rati humum aridam vento agitari post ubi aequabilem manere et sicuti acies movebatur magis magisque appropinquare vident
cognita re properantes arma capiunt ac pro castris sicuti imperabatur consistunt. Deinde ubi propius ventum est utrimque magno
clamore concurritur. Numidae tantummodo remorati dum in elephantis auxilium putant postquam eos impeditos ramis arborum atque
ita disiectos circumveniri vident fugam faciunt ac plerique abiectis armis collis aut noctis quae iam aderat auxilio integri
abeunt. Elephanti quattuor capti relicui omnes numero quadraginta interfecti. At Romani quamquam itinere atque opere castrorum
et proelio fessi lassique erant tamen quod Metellus amplius opinione morabatur instructi intentique obviam procedunt; nam dolus
Numidarum nihil languidi neque remissi patiebatur. Ac primo obscura nocte postquam haud procul inter se erant strepitu uelut
hostes adventare alteri apud alteros formidinem simul et tumultum facere; et paene imprudentia admissum facinus miserabile ni
utrimque praemissi equites rem explorauissent. Igitur pro metu repente gaudium mutatur: milites alius alium laeti appellant
acta edocent atque audiunt sua quisque fortia facta ad caelum fert. Quippe res humanae ita sese habent: in victoria vel ignavis
gloriari licet aduersae res etiam bonos detrectant.
Versione tradotta
I Romani scorgono
all'improvviso una spessa cortina di polvere: il
terreno, coperto di arbusti, impediva di vedere lontano. Dapprima
pensavano che fosse sabbia sollevata dal vento, ma poi, vedendo che
rimaneva uniforme e che si avvicinava
sempre più via via che l'esercito
avanzava, ricredutisi, si affrettano a prendere le armi e si schierano,
secondo gli ordini, davanti al campo. Poi, come i nemici si furono
avvicinati, gli uni e gli altri si lanciano
all'attacco con alte grida.
I Numidi resistono fino a che ritengono di poter contare sull'aiuto degli
elefanti, ma quando vedono che rimangono impigliati fra i rami degli
alberi e, così dispersi, vengono circondati, si
danno alla fuga, e i più,
gettate le armi, si allontanarono sani e salvi, protetti dal colle e dalla
notte
che sopraggiungeva. Quattro elefanti furono presi; tutti gli
altri, una quarantina, furono uccisi. Ma i Romani,
sebbene fossero
stanchi e spossati per la marcia, per l'allestimento del campo e per la
battaglia,
tuttavia, vedendo che Metello tardava più del previsto, gli
muovono incontro schierati in colonna e con molta
cautela, perché
l'astuzia dei Numidi non consentiva nessuna rilassatezza o negligenza. E
in un primo
momento, nell'oscurità della notte, quando erano a poco
distanza fra loro, si misero ad avanzare con clamore, come
nemici,
provocando gli uni negli altri spavento e confusione: e per poco a causa
dell'equivoco si sarebbe
verificato un deplorevole incidente, se alcuni
cavalieri, mandati in avanguardia da entrambe le parti, non avessero
chiarito il fatto. Una gioia improvvisa subentra dunque al timore. I
soldati esultanti si chiamano l'un
l'altro, raccontano e ascoltano le loro
imprese, ciascuno porta alle stelle le proprie gesta. Così è fatto l'uomo:
nella vittoria possono gloriarsi perfino i vili, nella sconfitta l'infamia
ricade anche sui
valorosi.
- Letteratura Latina
- Par. 30-59
- Sallustio