De Senectute, Paragrafo 56 - Studentville

De Senectute, Paragrafo 56

Poteratne tantus animus efficere non iucundam senctutem? Sed venio ad agricolas, ne a me ipso recedam. In agris

erant tum senatores, id est senes, siquidem aranti L. Quinctio Cincinnato nuntiatum est eum dictatorem esse factum; cuius

dictatoris iussu magister equitum C. Servilius Ahala Sp. Maelium regnum adpetentem occupatum interemit. A villa in senatum

arcessebatur et Curius et ceteri senes, ex quo, qui eos arcessebant viatores nominati sunt. Num igitur horum senectus

miserabilis fuit, qui se agri cultione oblectabant? Mea quidem sententia haud scio an nulla beatior possit esse, neque solum

officio, quod hominum generi universo cultura agrorum est salutaris, sed et delectatione, quam dixi, et saturitate copiaque

rerum omnium, quae ad victum hominum, ad cultum etiam deorum pertinent, ut, quoniam haec quidem desiderant, in gratiam iam cum

voluptate redeamus. Semper enim boni assiduique domini referta cella vinaria, olearia, etiam penaria est, villaque tota

locuples est, abundat porco, haedo, agno, gallina, lacte, caseo, melle. Iam hortum ipsi agricolae succidiam alteram appellant.

Conditiora facit haec supervacaneis etiam operis aucupium atque venatio.

Versione tradotta

Poteva un così nobile animo non procurargli una serena

vecchiaia? Ma vengo agli agricoltori, per non allontanarmi da me stesso. Allora i senatori, cioè dei vecchi, vivevano nelle

campagne, se è vero che a Lucio Quinzio Cincinnato fu annunziato che era stato fatto dittatore mentre arava; e per ordine di

lui dittatore il comandante della cavalleria Gaio Servilio Ahala uccise Spurio Melio che intrigava per usurpare il potere.

Dalla campagna venivano convocati in senato sia Curio che gli altri vecchi; dal che furono chiamati “corrieri” quelli che li

andavano a chiamare. Forse fu dunque miserevole la vecchiaia di costoro, che si dilettavano nella cura dei campi? Certamente, a

parer mio, non so se possa esistere (una vecchiaia) più felice, e non solo per la funzione, poiché la cura dei campi è salutare

per l’intero genere umano, ma anche per il diletto di cui ho parlato e per la grande abbondanza di tutte le cose che servono al

sostentamento degli uomini, anche al culto degli dei e, giacché alcuni sentono il bisogno di queste cose, ormai riconciliamoci

con il piacere. Infatti sono sempre rifornite la cantina, l’orciaio, e pure la dispensa, di un padrone buono e solerte, e tutta

la villa è ricca, abbonda di porci, capretti, agnelli, galline, latte, formaggio, miele. E gli stessi agricoltori chiamano l’

orto una seconda dispensa. E la caccia e l’uccellagione rendono queste cose alquanto piacevoli anche nelle attività

superflue.

  • Letteratura Latina
  • De Senectute di Cicerone
  • Cicerone
  • De Senectute

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti