Bellum Iugurthinum Paragrafo 56: versione tradotta - StudentVille

Bellum Iugurthinum, Paragrafo 56

Romanus imperator ubi se dolis fatigari videt neque ab hoste copiam

pugnandi fieri urbem magnam et in ea parte qua sita erat arcem regni nomine Zamam statuit oppugnare ratus id quod negotium

poscebat Iugurtham laborantibus suis auxilio venturum ibique proelium fore. At ille quae parabantur a perfugis edoctus magnis

itineribus Metellum anteuenit. Oppidanos hortatur moenia defendant additis auxilio perfugis quod genus ex copiis regis quia

fallere nequibat firmissimum erat; praeterea pollicetur in tempore semet cum exercitu affore. Ita compositis rebus in loca quam

maxime occulta discedit ac post paulo cohortibus Siccam missum frumentatum cum paucis cohortibus Siccam missum quod oppidum

primum omnium post malam pugnam ab rege defecerat. Eo cum delectis equitibus noctu pergit et iam egredientibus Romanis in porta

pugnam facit simul magna voce Siccensis hortatur uti cohortis ab tergo circumveniant: fortunam illis praeclari facinoris casum

dare; si id fecerint postea sese in regno illos in libertate sine metu aetatem acturos. Ac ni Marius signa inferre atque

euadere oppido properauisset profecto cuncti aut magna pars Siccensium fidem mutauissent: tanta mobilitate sese Numidae gerunt.

Sed milites Iugurthini paulisper ab rege sustentati postquam maiore vi hostes urgent paucis amissis profugi discedunt.

Versione tradotta

Il comandante romano,

rendendosi conto di venir logorato dalla
strategia del nemico, che non accettava battaglia, decise di assalire una

grande città di nome Zama, che, nella parte in cui si trovava, era la
roccaforte del regno: riteneva che

Giugurta, come la situazione esigeva,
sarebbe venuto in aiuto dei suoi in pericolo e che lì, quindi, vi sarebbe

stata battaglia. Ma il re, informato di questo piano dai disertori, a
marce forzate previene Metello; esorta i

cittadini a difendere le mura,
aggiunge come rinforzo i disertori, i quali, poiché non potevano più

tradire, erano i più sicuri fra gli uomini del re; promette inoltre di
venire al momento opportuno con l’esercito.

Avendo così provveduto a
queste necessità, si ritira in luoghi del tutto inaccessibili; ma, poco
dopo,

viene a sapere che Mario con poche coorti è stato distaccato dalla
colonna in marcia per andare a far provvista di

grano a Sicca, la prima
città che lo aveva abbandonato dopo la sconfitta. Giugurta la raggiunge
di notte

con cavalieri scelti e mentre i Romani già ne uscivano li assale
sulla porta: nello stesso tempo esorta a gran voce i

Siccesi a prendere le
coorti alle spalle, dicendo che la fortuna offriva loro l’opportunità di
un’azione

gloriosa, la cui realizzazione avrebbe consentito a lui di
riavere il suo regno, a loro di vivere liberi e sicuri. E

se Mario non
si fosse affrettato a muovere all’assalto e a uscire dalla città,
sicuramente tutti i

Siccesi, o almeno una gran parte, avrebbero rinnegato
la parola data: tanto sono volubili i Numidi. Ma i soldati di

Giugurta,
sorretti per un poco dal re, non appena vengono incalzati con maggior
forza dal nemico, si

disperdono in fuga, avendo subito poche perdite.

  • Letteratura Latina
  • Par. 30-59
  • Sallustio

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti