Nec vero sic erat umquam non paratus Milo contra illum ut non satis fere esset paratus. Semper [ille] et quantum interesset P. Clodi se perire et quanto illi odio esset et quantum ille auderet cogitabat. Quam ob rem vitam suam quam maximis praemiis propositam et paene addictam sciebat numquam in periculum sine praesidio et sine custodia proiciebat. Adde casus adde incertos exitus pugnarum Martemque communem qui saepe spoliantem iam et exsultantem evertit et perculit ab abiecto: adde inscitiam pransi poti oscitantis ducis qui cum a tergo hostem interclusum reliquisset nihil de eius extremis comitibus cogitavit in quos incensos ira vitamque domini desperantis cum incidisset haesit in eis poenis quas ab eo servi fideles pro domini vita expetiverunt.<
Versione tradotta
Però Milone non era mai tanto impreparato contro di lui da non esser preparato quasi alla perfezione. Rifletteva sempre sull'interesse che Clodio aveva per la sua morte, sull'odio che nutriva nei suoi confronti e sulla sua audacia: di conseguenza non esponeva mai ai rischi, senza scorta e senza guardie del corpo, la sua vita che sapeva messa in vendita ad altissimo prezzo e quasi aggiudicata. Aggiungi le incertezze del caso, l'esito dubbio delle battaglie e l'imparzialità di Marte, che spesso suole atterrare e colpire per mano di chi è caduto proprio chi sta già per raccoglierne le spoglie e per cantar vittoria. Aggiungi l'incapacità di un condottiero, che dopo aver mangiato e bevuto sbadiglia per il sonno, e dopo aver separato il nemico dalla sua retroguardia non pensa affatto agli ultimi compagni di Milone: imbattutosi in essi, furibondi e ormai privi di speranza nell'incolumità del padrone, incappò nella punizione che quegli schiavi fedeli gli fecero pagare in cambio della vita del loro padrone.
- Letteratura Latina
- Pro Milone di Cicerone
- Cicerone