Marius ad Zamam pervenit. Id oppidum in campo situm magis opere quam natura munitum erat nullius idoneae rei egens armis
virisque opulentum. Igitur Metellus pro tempore atque loco paratis rebus cuncta moenia exercitu circumvenit legatis imperat ubi
quisque curaret. Deinde signo dato undique simul clamor ingens oritur neque ea res Numidas terret: infensi intentique sine
tumultu manent proelium incipitur. Romani pro ingenio quisque pars eminus glande aut lapidibus pugnare alii succedere ac murum
modo subfodere modo scalis aggredi cupere proelium in manibus facere. Contra ea oppidani in proximos saxa voluere sudis pila
praeterea picem sulphure et taeda mixtam ardentia mittere. Sed ne illos quidem qui procul manserant timor animi satis
muniuerat; nam plerosque iacula tormentis aut manu emissa uulnerabant parique periculo sed fama impari boni atque ignavi
erant.
Versione tradotta
Mario giunge nei pressi di Zama. Questa città, che si
trova in
pianura, era munita più che dalla natura dalle opere di difesa; non
mancava di alcuna risorsa ed
era ricca di armi e di uomini. Metello,
pertanto, dopo aver preso tutti i provvedimenti richiesti dalle
circostanze e dal luogo, circonda con l'esercito l'intera cerchia delle
mura e assegna a ciascuno dei suoi
luogotenenti un settore di operazioni.
Dato quindi il segnale, da tutte le parti contemporaneamente si leva un
immenso clamore, ma ciò non spaventa i Numidi, che, risoluti e pronti,
attendono in buon ordine. Incomincia così
la battaglia. Fra i Romani,
ciascuno secondo le proprie capacità, alcuni combattevano da lontano
lanciando
proiettili o sassi, altri avanzavano e cercavano ora di scavare
le mura alla base ora di scalarle, desiderosi di
venire al corpo a corpo.
Dal canto loro gli assediati facevano rotolare macigni sui più vicini,
scagliavano pali, giavellotti e inoltre pece mescolata con zolfo e resina,
in fiamme. Ma neppure quelli che si erano
tenuti a distanza per paura
erano abbastanza al sicuro, perché i più venivano feriti dai proiettili
scagliati dalle macchine o a mano. Così per i vili e i coraggiosi era
uguale il pericolo ma non la gloria.
- Letteratura Latina
- Par. 30-59
- Sallustio