Dione, Paragrafo 6 - Studentville

Dione, Paragrafo 6

Has tam prosperas

tamque inopinatas res consecuta est subita commutatio quod fortuna sua mobilitate quem paulo ante extulerat demergere est

adorta. Primum in filio de quo commemoravi supra suam vim exercuit. Nam cum uxorem reduxisset quae alii fuerat tradita

filiumque vellet revocare ad virtutem a perdita luxuria accepit gravissimum parens vulnus morte filii. Deinde orta dissensio

est inter eum et Heraclidem; qui quod ei principatum non concedebat factionem comparavit. Neque is minus valebat apud optimates

quorum consensu praeerat classi cum Dion exercitum pedestrem teneret. Non tulit hoc animo aequo Dion et versum illum Homeri

rettulit ex secunda rhapsodia in quo haec sententia est: non posse bene geri rem publicam multorum imperiis. Quod dictum magna

invidia consecuta est. Namque aperuisse videbatur omnia in sua potestate esse velle. Hanc ille non lenire obsequio sed

acerbitate opprimere studuit Heraclidemque cum Syracusas venisset interficiundum curavit.

Versione tradotta

A questi avvenimenti tanto prosperi

e tanto inaspettati segui un improvviso mutamento, perché la fortuna con la sua mutevolezza si accinse ad abbattere chi aveva

poco prima innalzato. Prima esercitò il suo potere dispotico sul figlio, di cui ho parlato sopra. Infatti, avendo ripreso la

moglie che era stata assegnata ad un altro e volendo richiamare il figlio alla virtù dalla sfrenata lussuria, ebbe come padre

una ferita gravissima dalla morte del figlio. Poi scoppiò il dissenso tra lui ed Eraclide, il quale, perché non voleva

riconoscere il primato a Dione, costituì un suo partito. Questi del resto godeva di un discreto prestigio presso gli ottimati,

con l'appoggio dei quali aveva il comando della flotta, mentre Dione aveva ai suoi ordini l'esercito di terra. Non accolse

di buon animo Dione questo atteggiamento e citò quel verso di Omero del secondo canto in cui si afferma che non può essere ben

governato uno Stato quando è sotto il potere di molti. La citazione provocò un grande risentimento; aveva infatti indicato

chiaramente che voleva che tutto il potere fosse nelle sue mani. Egli non cercò di attenuare tale sentimento con le buone

maniere ma di reprimerlo con l'asprezza e una volta che Eraclide si recò a Siracusa lo fece uccidere.

  • Letteratura Latina
  • Liber de excellentibus gentium (Dion) di Cornelio Nepote
  • Cornelio Nepote

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