Idem
cum in conventum venisset Arcadum petens ut societatem cum Thebanis et Argivis facerent contraque Callistratus Atheniensium
legatus qui eloquentia omnes eo praestabat tempore postularet ut potius amicitiam sequerentur Atticorum et in oratione sua
multa invectus esset in Thebanos et Argivos in eisque hoc posuisset animum advertere debere Arcades qualis utraque civitas
civis procreasset ex quibus de ceteris possent iudicare: Argivos enim fuisse Orestem et Alcmaeonem matricidas: Thebis Oedipum
natum qui cum patrem suum interfecisset ex matre liberos procreasse: huic in respondendo Epaminondas cum de ceteris perorasset
postquam ad illa duo opprobria pervenit admirari se dixit stultitiam rhetoris Attici qui non animadverterit innocentes illos
natos domi scelere admisso cum patria essent expulsi receptos esse ab Atheniensibus. Sed maxime eius eloquentia elusit Spartae
legati ante pugnam Leuctricam. Quo cum omnium sociorum convenissent legati coram frequentissimo legationum conventu sic
Lacedaemoniorum tyrannidem coarguit ut non minus illa oratione opes eorum concusserit quam Leuctrica pugna. Tum enim perfecit
quod post apparuit ut auxilio Lacedaemonii sociorum privarentur.
Versione tradotta
Lo stesso si era recato ad un'assemblea degli Arcadi per
chieder loro che facessero alleanza con i Tebani e gli Argivi. Callistrato invece, il delegato degli Ateniesi, che in quel
tempo era superiore a tutti nella eloquenza, sosteneva che ricercassero piuttosto l'ami cizia degli Attici, e nel suo discorso
si scagliò con molte ingiurie contro i Tebani e gli Argivi, e fra le altre cose tirò fuori l'argomento che gli Arcadi
dovevano por mente a che razza di cittadini avesse generato l'una e l'altra città, e così potessero giudicare del resto:
Argivi infatti erano stati Oreste ed Alcmeone, matricidi, a Tebe era nato Edipo, il quale dopo aver ucciso il padre aveva
generato figli dalla madre. Allora Epaminonda, nella sua risposta dopo aver trattato degli altri argomenti, quando fu giunto
alle due accuse infamanti, disse che si meravigliava della scempiaggine del retore attico, che non aveva fatto caso che quelli
nati innocenti in patria, una volta commesso il delitto, furono cacciati dalla città ed accolti dagli Ateniesi. Ma la sua
eloquenza rifulse in modo straordinario quando fu ambasciatore a Sparta, prima della battaglia di Lèuttra". Là erano convenuti
gli inviati di tutti gli alleati e dinanzi alla affollatissima assemblea delle legazioni seppe stigmatizzare così bene la
tirannide degli Spartani, che scosse la loro potenza non meno con quel discorso che con la battaglia di Leuttra. In quella
occasione infatti, riuscì ad ottenere, come si vide poi, che gli Spartani rimanessero senza l'aiuto degli alleati.
- Letteratura Latina
- Liber de excellentibus gentium (Epaminondas) di Cornelio Nepote
- Cornelio Nepote