Atticus Paragrafo 6: versione svolta - StudentVille

Atticus - Paragrafo 6

In re publica ita est versatus ut semper optimarum partium et esset et

existimaretur neque tamen se civilibus fluctibus committeret quod non magis eos in sua potestate existimabat esse qui se his

dedissent quam qui maritimis iactarentur. Honores non petiit cum ei paterent propter vel gratiam vel dignitatem quod neque

peti more maiorum neque capi possent conservatis legibus in tam effusi ambitus largitionibus neque geri e re publica sine

periculo corruptis civitatis moribus. Ad hastam publicam numquam accessit. Nullius rei neque praes neque manceps factus est.

Neminem neque suo nomine neque subscribens accusavit; in ius de sua re numquam iit: iudicium nullum habuit. Multorum consulum

praetorumque praefecturas delatas sic accepit ut neminem in provinciam sit secutus honore fuerit contentus rei familiaris

despexerit fructum; qui ne cum Q. quidem Cicerone voluerit ire in Asiam cum apud eum legati locum obtinere posset. Non enim

decere se arbitrabatur cum praeturam gerere noluisset asseclam esse praetoris. Qua in re non solum dignitati serviebat sed

etiam tranquillitati cum suspiciones quoque vitaret criminum. Quo fiebat ut eius observantia omnibus esset carior cum eam

officio non timori neque spei tribui viderent.

Versione tradotta

Nella politica

si comportò in modo tale da essere ed essere ritenuto sempre del partito degli ottimati, senza però lasciarsi trascinare nei

flutti civili, perché riteneva che chi si fosse abbandonato a questi, non fosse padrone di sé più di quelli che fossero

sbattuti dai flutti del mare. .Non concorse alle pubbliche cariche, quantunque gli fossero aperte e per il suo prestigio

personale e per il suo rango sociale, perché, nella dilagante corruzione della campagna elettorale né vi si poteva concorrere

né si potevano ottenere secondo il costume dei maggiori, osservando le leggi, né si poteva senza pericolo governare secondo il

bene dello Stato, essendo corrotti i costumi dei cittadini. .Non si presentò mai ad un’asta pubblica. Non fu mai in alcun

appalto né garante né assegnatario. Non accusò nessuno ne per sua iniziativa né per sottoscrizione: non fini mai in giudizio

per i suoi affari privati; non subì alcun processo.. Accettò le prefetture che gli vennero offerte dai molti consoli e pretori,

ma fece in modo di non accompagnare nessuno nella provincia, pago dell’onore e trascurando il vantaggio del suo patrimonio;

tanto che non volle accompagnare in Asia neppure Q. Cicerone, quantunque potesse avere con lui la qualifica di legato. Riteneva

infatti che fosse disdicevole per lui, una volta che aveva rifiutato di esercitare la pretura, di essere del seguito del

pretore. .Ed in ciò badava non solo alla sua dignità personale, ma anche alla sua tranquillità, evitando persino il sospetto di

incriminazioni. Avveniva così che il suo ritegno fosse più gradito a tutti, vedendo che esso era da attribuire al suo senso del

dovere, non alla speranza ed al timore.

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