Bellum Iugurthinum, Paragrafo 60 - Studentville

Bellum Iugurthinum, Paragrafo 60

Eodem tempore apud Zamam magna vi certabatur. ubi

quisque legatus aut tribunus curabat eo acerrime niti neque alius in alio magis quam in sese spem habere; pariterque oppidani

agere: oppugnare aut parare omnibus locis auidius alteri alteros sauciare quam semet tegere clamor permixtus hortatione

laetitia gemitu item strepitus armorum ad caelum ferri tela utrimque uolare. Sed illi qui moenia defensabant ubi hostes paulum

modo pugnam remiserant intenti proelium equestre prospectabant. Eos uti quaeque Iugurthae res erant laetos modo modo pauidos

animaduerteres; ac sicuti audiri a suis aut cerni possent monere alii alii hortari aut manu significare aut niti corporibus et

ea huc et illuc quasi vitabundi aut iacientes tela agitare. Quod ubi Mario cognitum est–nam is in ea parte curabat — consulto

lenius agere ac diffidentiam rei simulare pati Numidas sine tumultu regis proelium visere. Ita illis studio suorum asstrictis

repente magna vi murum aggreditur. Et iam scalis egressi milites prope summa ceperant cum oppidani concurrunt; lapides ignem

alia praeterea tela ingerunt. Nostri primo resistere; deinde ubi unae atque alterae scalae comminutae qui supersteterant

afflicti sunt ceteri quoquo modo potuere pauci integri magna pars uulneribus confecti abeunt. Denique utrimque proelium nox

diremit.

Versione tradotta

Contemporaneamente a Zama infuriava la battaglia.

Nei settori
controllati da un luogotenente o da un tribuno la lotta era più accanita e
ciascuno fidava in

sé più che negli altri; gli assediati facevano
altrettanto; dappertutto si combatteva o ci si preparava a farlo; si

badava più a colpire l'avversario che a proteggersi. Un clamore, in cui
si confondevano grida di

incoraggiamento, esclamazioni di gioia e lamenti
e insieme lo strepito delle armi, rimbombava nel cielo, mentre le

frecce
s'incrociavano. Ma i difensori delle mura, quando il nemico concedeva
loro un attimo di tregua,

stavano intenti a guardare da lontano lo scontro
delle cavallerie. Li avresti potuti vedere, a seconda della buona o

avversa fortuna di Giugurta, ora lieti ora impauriti e, come se potessero
essere sentiti o visti dai loro

compagni, li incoraggiavano, li
incitavano, facevano cenni con le mani, contraevano il corpo e si
muovevano

di qua e di là, come per schivare o scagliare dardi. Quando
Mario, che controllava quel settore, se ne accorse,

rallentò
intenzionalmente l'azione, dando a vedere di essere scoraggiato e permise
che i Numidi

assistessero tranquillamente alla battaglia. Così, mentre
quelli sono completamente assorbiti dall'interesse per i

loro compagni,
improvvisamente sferra un violento attacco contro le mura, e già i
soldati, venuti su dalle

scale, avevano quasi raggiunto la sommità, quando
accorrono gli assediati e gettano su di loro pietre, fuoco e anche

altri
proiettili. I nostri dapprima resistono, ma quando poi le scale vengono
distrutte una dopo l'altra

e quelli che vi stavano sopra precipitano,
tutti gli altri, pochi incolumi, i più coperti di ferite, devono ritirarsi

come meglio possono. Infine la notte separò i combattenti.

  • Letteratura Latina
  • Par. 60-89
  • Sallustio

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