His
igitur finibus utendum arbitror, ut, cum emendati mores amicorum sint, tum sit inter eos omnium rerum, consiliorum, voluntatum
sine ulla exceptione communitas, ut, etiamsi qua fortuna acciderit ut minus iustae amicorum voluntates adiuvandae sint, in
quibus eorum aut caput agatur aut fama, declinandum de via sit, modo ne summa turpitudo sequatur; est enim quatenus amicitiae
dari venia possit. Nec vero neglegenda est fama nec mediocre telum ad res gerendas existimare oportet benevolentiam civium;
quam blanditiis et assentando colligere turpe est; virtus, quam sequitur caritas, minime repudianda est.
Versione tradotta
Io penso che ci si debba tenere a questi termini: che, cioè, quando i costumi degli amici siano corretti,
allora vi sia tra essi comunione di ogni cosa, di pensieri e di volontà, senza restrizione alcuna; di modo che, anche se per un
qualche caso capiti che si debbano appoggiare aspirazioni di amici non del tutto giuste, ma in una situazione in cui sia in
gioco la loro stessa vita o la fama, ci si deve scostare dalla via diritta, purché non ne segua un sommo disonore." Vi è
infatti un limite, fino a cui si può giungere nell'esser indulgenti con gli amici; ma non si deve trascurare la propria
riputazione né stimare una mediocre arma per la vita pubblica la benevolenza dei concittadini. Questa però è brutto racimolarla
con lusinghe e adulazioni; la virtù, non si deve metterla da parte, e a lei tien dietro l'universale affetto.
- Letteratura Latina
- De Amicitia di Cicerone
- Cicerone