Quanta fuit in L. Caecilio Metello, quanta in A. Atilio Calatino! in quem illud elogium: ‘Hunc unum plurimae consentiunt
gentes populi primarium fuisse virum.’ Notum est carmen incisum in sepulcro. Iure igitur gravis, cuius de laudibus omnium
esset fama consentiens. Quem virum nuper P. Crassum, pontificem maximum, quem postea M. Lepidum eodem sacerdotio praeditum,
vidimus! Quid de Paulo aut Africano loquar aut, ut iam ante, de Maximo? quorum non in sententia solum, sed etiam in nutu
residebat auctoritas. Habet senectus, honorata praesertim, tantam auctoritatem, ut ea pluris sit quam omnes adulescentiae
voluptates.
Versione tradotta
E quanta ve ne fu in Lucio Cecilio
Metello, quanta in Aulo Attilio Calatino! Per il quale (fu scritto) quel famoso epitaffio: “La maggior parte degli uomini
concorda che quest’uomo fu il primo del suo popolo.” È noto l’intero carme inciso sul suo sepolcro. Dunque (era) a buon
diritto autorevole lui, sulle cui lodi era concorde l’opinione di tutti. Che uomo abbiamo visto poco fa in Publio Crasso,
pontefice massimo, e poi in Marco Lepido [Marco Emilio Lepido, console nel 187 a.C., che fece costruire la via Emilia da
Piacenza a Rimini], insignito del medesimo sacerdozio! E che dire di Paolo o dell’Africano o, come già ho detto prima, di
Massimo? La loro autorità si manifestava non solo con la parola, ma anche con un cenno. La vecchiaia, specie di chi ha
ricoperto incarichi pubblici, possiede un’autorità così grande da valere di più di tutti i piaceri della giovinezza.
- Letteratura Latina
- De Senectute di Cicerone
- Cicerone
- De Senectute