De Amicitia, Paragrafo 65 - Studentville

De Amicitia, Paragrafo 65

Firmamentum autem stabilitatis constantiaeque eius, quam in

amicitia quaerimus, fides est; nihil est enim stabile quod infidum est. Simplicem praeterea et communem et consentientem, id

est qui rebus isdem moveatur, eligi par est, quae omnia pertinent ad fidelitatem; neque enim fidum potest esse multiplex

ingenium et tortuosum, neque vero, qui non isdem rebus movetur naturaque consentit, aut fidus aut stabilis potest esse.

Addendum eodem est, ut ne criminibus aut inferendis delectetur aut credat oblatis, quae pertinent omnia ad eam, quam iam dudum

tracto, constantiam. Ita fit verum illud, quod initio dixi, amicitiam nisi inter bonos esse non posse. Est enim boni viri, quem

eundem sapientem licet dicere, haec duo tenere in amicitia: primum ne quid fictum sit neve simulatum; aperte enim vel odisse

magis ingenui est quam fronte occultare sententiam; deinde non solum ab aliquo allatas criminationes repellere, sed ne ipsum

quidem esse suspiciosum, semper aliquid existimantem ab amico esse violatum.

Versione tradotta

Fondamento, poi, di quella stabilità e costanza che cerchiamo

nell'amicizia è la buona fede: niente, infatti, che sia infido è stabile. Inoltre, è giusto che si scelga uno schietto,

vicino a noi, e a noi affine, che cioè sia toccato dalle medesime cose che noi; e tutto questo concerne la buona fede. Non può

infatti essere fidata un'anima proteiforme e tortuosa, e non può davvero essere o fidato o stabile chi non è toccato dalle

medesime cose e non ha un carattere che per natura si incontra con quello dell'amico.
Si deve aggiungere allo stesso

fine che l'amico non pigli gusto a lanciare accuse né creda ad accuse lanciate da altri; e queste cose concernono tutte

quella costanza di cui già da un po' vengo trattando. Così diventa vero quello che ho detto in principio, che l'amicizia

non può esistere se non tra le persone perbene. Ed è proprio d'un uomo perbene, che anche si può dire saggio, osservare

nell'amicizia queste due cose: la prima, che non ci sia nulla di finto o di simulato: persino l'odiare, se si faccia

apertamente, è più da uomo nobile che il nascondere il proprio pensiero dietro l'atteggiamento del volto; la seconda, che

non solo si respingano le accuse mosse da qualcuno all'amico, ma che noi stessi non si sia sospettosi pensando sempre che

dall'amico sia stata commessa qualche mancanza.

  • Letteratura Latina
  • De Amicitia di Cicerone
  • Cicerone

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