Laudabam equidem incredibilem diligentiam Cn. Pompei sed dicam ut sentio iudices. Nimis multa audire coguntur neque aliter facere possunt ei quibus tota commissa est res publica. Quin etiam fuit audiendus popa Licinius nescio qui de Circo maximo servos Milonis apud se ebrios factos sibi confessos esse de interficiendo Pompeio coniurasse dein postea se gladio percussum esse ab uno de illis ne indicaret. Pompeio in hortos nuntiavit; arcessor in primis; de amicorum sententia rem defert ad senatum. Non poteram in illius mei patriaeque custodis tanta suspicione non metu exanimari; sed mirabar tamen credi popae confessionem servorum audiri volnus in latere quod acu punctum videretur pro ictu gladiatoris probari
Versione tradotta
Ho lodato, certo, lo scrupolo straordinario di Gneo Pompeo, ma vi dirò, giudici, il mio pensiero: chi ha ricevuto nelle proprie mani lo stato intero è costretto a prestare ascolto a troppi discorsi, né potrebbe agire in maniera diversa. Addirittura egli fu costretto ad ascoltare un bettoliere, un certo non so quale Licinio del Circo Massimo, il quale asseriva che gli schiavi di Milone in preda ai fumi del vino gli avevano confessato nella sua osteria un complotto per uccidere Gneo Pompeo; in seguito sarebbe stato ferito con la spada da uno di loro, perché non li denunziasse. Viene riferito il fatto a Pompeo, nei suoi giardini; sono convocato fra i primi: su consiglio degli amici investe il senato dell’affare. Mi sarei dovuto sentire costernato di fronte a un tale atteggiamento di sospetto da parte di chi veglia sulla mia sicurezza e su quella della patria: ero stupito, però, che si accordasse credito a un bettoliere, che si desse ascolto a una confessione di schiavi, che potesse passare per un colpo inferto da un gladiatore una ferita nel fianco, che sembrava proprio una puntura d’ago.
- Letteratura Latina
- Pro Milone di Cicerone
- Cicerone