Romani milites improuiso metu incerti ignarique quid potissimum facerent trepidare. Arce oppidi ubi signa et
scuta erant praesidium hostium portae ante clausae fuga prohibebant; ad hoc mulieres puerique pro tectis aedificiorum saxa et
alia quae locus praebebat certatim mittere. Ita neque caueri anceps malum neque a fortissimis infirmissimo generi resisti
posse: iuxta boni malique strenui et inbelles inulti obtruncari. In ea tanta asperitate saevissimis Numidis et oppido undique
clauso Turpilius praefectus unus ex omnibus Italicis intactus profugit. Id misericordiane hospitis an pactione aut casu ita
evenerit parum comperimus nisi quia illi in tanto malo turpis vita integra fama potior fuit improbus intestabilisque
videtur.
Versione tradotta
I soldati romani, scossi per l'improvviso pericolo e incerti
sul
da farsi, erano in preda allo sgomento. Un presidio nemico impediva
l'accesso alla rocca della città,
dove si trovavano le insegne e gli
scudi. Le porte, chiuse prima dell'attacco, precludevano la via della
fuga. In più, donne e ragazzi lanciavano a gara dai tetti delle case sassi
e tutto quanto veniva loro alle mani. Era
dunque impossibile guardarsi
dal duplice pericolo e i più forti non riuscivano a opporre resistenza ai
più
deboli; provetti e incapaci, valorosi e vili venivano trucidati fianco
a fianco senza poter reagire. In una
situazione così disperata, mentre i
Numidi infierivano e la città era chiusa da ogni lato, il prefetto
Turpilio fu il solo di tutti gli Italici che riuscì a fuggire incolume.
Non è dato sapere se ciò sia accaduto per
pietà dell'ospite, per un'intesa
o semplicemente per caso; ad ogni modo, un uomo che, in un simile
disastro, preferisce una vita senza onore a una reputazione senza macchia,
non può che apparire abietto e
infame.
- Letteratura Latina
- Par. 60-89
- Sallustio