Paragrafo 67 - Studentville

Paragrafo 67

Praegestit animus iam videre primum lautos iuvenes mulieris beatae ac nobilis familiares deinde fortes viros ab imperatrice in insidiis atque in praesidio balnearum collocatos; ex quibus requiram quem ad modum latuerint aut ubi alveusne ille an equus Troianus fuerit qui tot invictos viros muliebre bellum gerentes tulerit ac texerit. Illud vero respondere cogam cur tot viri ac tales hunc et unum et tam imbecillum quam videtis non aut stantem comprenderint aut fugientem consecuti sint; qui se numquam profecto si in istum locum processerint explicabunt. Quam volent in conviviis faceti dicaces non numquam etiam ad vinum diserti sint alia fori vis est alia triclinii alia subselliorum ratio alia lectorum; non idem iudicum comissatorumque conspectus; lux denique longe alia est solis alia lychnorum. Quam ob rem excutiemus omnes istorum delicias omnes ineptias si prodierint. Sed me audiant navent aliam operam aliam ineant gratiam in aliis se rebus ostentent vigeant apud istam mulierem venustate dominentur sumptibus haereant iaceant deserviant; capiti vero innocentis fortunisque parcant.

Versione tradotta

Io anelo di vedere, in prima linea, quegli eleganti giovani amici di una donna ricca e nobile; poi quei gagliardi uomini appostati da questo loro generale in gonnella nei nascondigli di una fortezza balneare: ai quali ultimi io chiederò dove e come si siano celati, e se sia stata una vasca o quale cavallo di Troia a portare e nascondere in sé tanti invitti combattenti di una guerra femminile. E li costringerò a dirmi perché tali e tanti uomini non abbiano preso, mentre era fermo, quell'unico e così debole, o non l'abbiano inseguito in fuga. Vengano qui; e non se la caveranno più. Siano pure quanto si vuole brillanti nei conviti, pungenti, talvolta anche ciarlieri per effetto del vino, ben altra cosa è la oratoria del foro e quella del triclinio, ben altro il contegno in tribunale e a tavola; non è la stessa cosa avere di fronte dei giudici, o dei commensali; e tutt'altra cosa è la luce del sole da quella dei lampadari. Vengano, dunque: e smonteremo tutte le loro frivolità e le loro sciocchezze. Ma diano retta a me: curino altre imprese, cerchino altri appoggi, facciano mostra di sé in altri campi, brillino presso quella donna per la loro bellezza, si impongano con lo sfarzo, le si attacchino, le stiano ai piedi, la servano: ma non attentino, vivaddio, al capo e alla fortuna di un innocente.

  • Letteratura Latina
  • Pro Caelio di Cicerone
  • Cicerone

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