De Amicitia, Paragrafo 7 - Studentville

De Amicitia, Paragrafo 7

Te autem alio quodam modo non solum natura et moribus, verum etiam studio et

doctrina esse sapientem, nec sicut vulgus, sed ut eruditi solent appellare sapientem, qualem in reliqua Graecia neminem (nam

qui septem appellantur, eos, qui ista subtilius quaerunt, in numero sapientium non habent), Athenis unum accepimus, et eum

quidem etiam Apollinis oraculo sapientissimum iudicatum; hanc esse in te sapientiam existimant, ut omnia tua in te posita esse

ducas humanosque casus virtute inferiores putes. Itaque ex me quaerunt, credo ex hoc item Scaevola, quonam pacto mortem

Africani feras, eoque magis quod proximis Nonis cum in hortos D. Bruti auguris commentandi causa, ut adsolet, venissemus, tu

non adfuisti, qui diligentissime semper illum diem et illud munus solitus esses obire.

Versione tradotta

Ma te ti stimano sapiente in un senso diverso, non solo per

l'indole e i costumi, sì anche per l'amore della scienza; e non come il volgo suole, ma come sogliono dire uno sapiente

le persone colte; quale nessuno in tutto il resto della Grecia (ché quelli che son chiamati i sette" non sono messi nel numero

dei sapienti da coloro che vanno un po' per il sottile), ma uno solo in Atene sappiamo esservi stato, e lui proprio

giudicato sapientissimo anche dall'oracolo di Apollo: questa sapienza essi stimano esservi in te, onde tu ritieni che ogni

cosa tua è dentro di te, e che la virtù è superiore ai casi umani. Perciò domandano a me, e credo pure a questo mio Scevola,

come tu sopporti la morte dell'Africano, tanto più che nelle passate None, quando ci riunimmo ai giardini dell'augure

Decimo Bruto per le solite nostre osservazioni, tu non c'eri, mentre sei sempre stato diligentissimo nell'osservare quel

giorno e nel compiere quell'ufficio.

  • Letteratura Latina
  • De Amicitia di Cicerone
  • Cicerone

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