Te autem alio quodam modo non solum natura et moribus, verum etiam studio et
doctrina esse sapientem, nec sicut vulgus, sed ut eruditi solent appellare sapientem, qualem in reliqua Graecia neminem (nam
qui septem appellantur, eos, qui ista subtilius quaerunt, in numero sapientium non habent), Athenis unum accepimus, et eum
quidem etiam Apollinis oraculo sapientissimum iudicatum; hanc esse in te sapientiam existimant, ut omnia tua in te posita esse
ducas humanosque casus virtute inferiores putes. Itaque ex me quaerunt, credo ex hoc item Scaevola, quonam pacto mortem
Africani feras, eoque magis quod proximis Nonis cum in hortos D. Bruti auguris commentandi causa, ut adsolet, venissemus, tu
non adfuisti, qui diligentissime semper illum diem et illud munus solitus esses obire.
Versione tradotta
Ma te ti stimano sapiente in un senso diverso, non solo per
l'indole e i costumi, sì anche per l'amore della scienza; e non come il volgo suole, ma come sogliono dire uno sapiente
le persone colte; quale nessuno in tutto il resto della Grecia (ché quelli che son chiamati i sette" non sono messi nel numero
dei sapienti da coloro che vanno un po' per il sottile), ma uno solo in Atene sappiamo esservi stato, e lui proprio
giudicato sapientissimo anche dall'oracolo di Apollo: questa sapienza essi stimano esservi in te, onde tu ritieni che ogni
cosa tua è dentro di te, e che la virtù è superiore ai casi umani. Perciò domandano a me, e credo pure a questo mio Scevola,
come tu sopporti la morte dell'Africano, tanto più che nelle passate None, quando ci riunimmo ai giardini dell'augure
Decimo Bruto per le solite nostre osservazioni, tu non c'eri, mentre sei sempre stato diligentissimo nell'osservare quel
giorno e nel compiere quell'ufficio.
- Letteratura Latina
- De Amicitia di Cicerone
- Cicerone