Quod faciendum imitandumque est omnibus, ut, si quam praestantiam virtutis, ingenii, fortunae consecuti
sint, impertiant ea suis communicentque cum proximis, ut, si parentibus nati sint humilibus, si propinquos habeant imbecilliore
vel animo vel fortuna, eorum augeant opes eisque honori sint et dignitati. Ut in fabulis, qui aliquamdiu propter ignorationem
stirpis et generis in famulatu fuerunt, cum cogniti sunt et aut deorum aut regum filii inventi, retinent tamen caritatem in
pastores, quos patres multos annos esse duxerunt. Quod est multo profecto magis in veris patribus certisque faciendum. Fructus
enim ingenii et virtutis omnisque praestantiae tum maximus capitur, cum in proximum quemque confertur.
Versione tradotta
E questo lo devono fare
e imitare tutti, per modo che se hanno raggiunto qualche eccellenza di virtù, d’ingegno, di fortuna, facciano di queste cose
partecipi i loro e chiamino a goderne i più vicini, onde se sono nati da umili genitori, se hanno parenti o poco dotati o non
troppo fortunati, aumentino le risorse di quelli e procurino loro onore e autorità.
A esempio, nelle rappresentazioni
teatrali, coloro che, finché è rimasta ignota la loro stirpe e razza sono stati nella condizione di schiavi, una volta
riconosciuti e scoperti figli o di dèi o di re, conservano tuttavia l’amicizia verso i pastori che essi hanno creduto per
molti anni loro padri. E questo certo si deve molto più fare trattandosi dei padri veri e certi. Il frutto dell’ingegno e
delle virtù e di ogni altra nostra eccellenza lo si coglie massimo allora che se ne fanno partecipi tutti quelli che sono a noi
più vicini.
- Letteratura Latina
- De Amicitia di Cicerone
- Cicerone