Senectutis autem nullus est certus terminus, recteque in ea vivitur, quoad munus offici exsequi et tueri
possit [mortemque contemnere]; ex quo fit, ut animosior etiam senectus sit quam adulescentia et fortior. Hoc illud est quod
Pisistrato tyranno a Solone responsum est, cum illi quaerenti, qua tandem re fretus sibi tam audaciter obsisteret, respondisse
dicitur: ‘Senectute.’ Sed vivendi est finis optimus, cum integra mente certisque sensibus opus ipsa suum eadem quae
coagmentavit, natura dissolvit. Ut navem, ut aedificium idem destruit facillime, qui construxit, sic hominem eadem optime quae
conglutinavit natura dissolvit. Iam omnis conglutinatio recens aegre, inveterata facile divellitur. Ita fit ut illud breve
vitae reliquum nec avide adpetendum senibus nec sine causa deserendum sit; vetatque Pythagoras iniussu imperatoris, id est dei,
de praesidio et statione vitae decedere.
Versione tradotta
Non esiste, d
altronde, un termine certo della vecchiaia, e in essa si vive bene finché si riesce ad assolvere e a far fronte allobbligo del
proprio dovere e a disprezzare la morte. Da qui deriva che la vecchiaia è anche più coraggiosa e più forte della giovinezza. E
questo spiega ciò che fu risposto al tiranno Pisistrato da parte di Solone, quando a quello che gli chiedeva in che cosa
fidando gli si opponeva così pervicacemente, si dice che abbia risposto: Nella vecchiaia. Ma la fine migliore del vivere è
quando, con la mente ancora lucida ed i sensi funzionanti, la stessa natura disfa la propria opera che essa ha messo insieme;
come una nave, come un edificio, li distrugge molto più facilmente colui che li ha costruiti, così la medesima natura, che ha
così bene strutturato luomo, lo dissolve; inoltre ogni corpo formato da poco si disgrega con facilità, mentre se è antico con
difficoltà. Pertanto quel breve residuo di vita non deve essere desiderato avidamente dai vecchi e non deve essere abbandonato
senza motivo.
- Letteratura Latina
- De Senectute di Cicerone
- Cicerone
- De Senectute