Ea fuga Iugurtha impensius
modo rebus suis diffidens cum perfugis et parte equitatus in solitudines dein Thalam pervenit in oppidum magnum atque opulentum
ubi plerique thesauri filiorumque eius multus pueritiae cultus erat. Quae postquam Metello comperta sunt quamquam inter Thalam
flumenque proximum in spatio milium quinquaginta loca arida atque vasta esse cognoverat tamen spe patrandi belli si eius oppidi
potitus foret omnis asperitates superuadere ac naturam etiam vincere aggreditur. Igitur omnia iumenta sarcinis leuari iubet
nisi frumento dierum decem ceterum utris modo et alia aquae idonea portari. Praeterea conquirit ex agris quam plurimum potest
domiti pecoris eoque imponit vasa cuiusque modi sed pleraque lignea collecta ex tuguriis Numidarum. Ad hoc finitimis imperat
que se post regis fugam Metello dederant quam plurimum quisque aquae portaret; diem locumque ubi praesto forent praedicit; ipse
ex flumine quam proximam oppido aquam esse supra diximus iumenta onerat: eo modo instructus ad Thalam proficiscitur. Deinde ubi
ad id loci ventum quo Numidis praeceperat et castra posita munitaque sunt tanta repente caelo missa vis aquae dicitur ut ea
modo exercitui satis superque foret. Praeterea commeatus spe amplior quia Numidae sicuti plerique in nova deditione officia
intenderant. Ceterum milites religione pluvia magis usi eaque res multum animis eorum addidit nam rati sese dis immortalibus
curae esse. Deinde postero die contra opinionem Iugurthae ad Thalam perveniunt. Oppidani qui se locorum asperitate munitos
crediderant magna atque insolita re perculsi nihilo segnius bellum parare; idem nostri facere.
Versione tradotta
LXXV Giugurta, disperando sempre più della sua sorte a causa di quella
fuga, coi disertori e
una parte della cavalleria si rifugiò dapprima nel
deserto, poi a Tala, grande e ricca città, ove si trovava la
maggior parte
dei suoi tesori e il raffinato ambiente in cui venivano educati i suoi
giovani figli. Quando
Metello ne fu informato, sebbene sapesse che fra
Tala e il fiume più vicino per un raggio di cinquanta miglia si
stendevano
terre aride e desolate, tuttavia, nella speranza di por fine alla guerra
con la presa di quella
città, si prepara a superare tutte le difficoltà e
a vincere anche la natura. Ordina quindi di scaricare tutti i
bagagli
dalle bestie da soma, tranne il grano sufficiente per dieci giorni e di
portare soltanto otri e
altri recipienti adatti al trasporto dell'acqua.
Requisisce poi dalle campagne il maggior numero possibile di
animali da
soma e li carica di vasi di ogni tipo, per lo più di legno, raccolti nelle
capanne dei Numidi.
Inoltre agli abitanti dei dintorni, passati a
Metello dopo la fuga del re, ordina di portare ciascuno quanta più
acqua
possibile e indica loro il giorno e il luogo dove devono trovarsi pronti.
Egli stesso fa caricare
sulle bestie da soma l'acqua attinta al fiume
che, come ho già detto, era la riserva d'acqua più vicina alla città,
e
con questo equipaggiamento inizia la sua marcia per Tala. Quando poi fu
giunto al luogo che aveva
indicato ai Numidi ed ebbe allestito e
fortificato il campo, dicono che improvvisamente cadde dal cielo una tale
quantità d'acqua, che da sola sarebbe bastata e avanzata per l'esercito.
Inoltre l'approvvigionamento
risultò superiore al previsto perché i
Numidi, come quasi tutti quelli che si sono arresi da poco, avevano
raddoppiato le loro premure. D'altra parte i soldati, per scrupolo
religioso, preferirono l'acqua piovana e ne
furono molto rinfrancati,
essendosi convinti di stare a cuore agli dèi immortali. Il giorno dopo,
contro
ogni previsione di Giugurta, i Romani giungono a Tala. Gli
abitanti, che pensavano di essere al sicuro per
l'inaccessibilità dei
luoghi, rimasero scossi da quella impresa grande e straordinaria, ma non
per questo
misero minore impegno nel prepararsi a combattere; lo stesso
facevano i nostri.
- Letteratura Latina
- Par. 60-89
- Sallustio