Bellum Iugurthinum, Paragrafo 75 - Studentville

Bellum Iugurthinum, Paragrafo 75

Ea fuga Iugurtha impensius

modo rebus suis diffidens cum perfugis et parte equitatus in solitudines dein Thalam pervenit in oppidum magnum atque opulentum

ubi plerique thesauri filiorumque eius multus pueritiae cultus erat. Quae postquam Metello comperta sunt quamquam inter Thalam

flumenque proximum in spatio milium quinquaginta loca arida atque vasta esse cognoverat tamen spe patrandi belli si eius oppidi

potitus foret omnis asperitates superuadere ac naturam etiam vincere aggreditur. Igitur omnia iumenta sarcinis leuari iubet

nisi frumento dierum decem ceterum utris modo et alia aquae idonea portari. Praeterea conquirit ex agris quam plurimum potest

domiti pecoris eoque imponit vasa cuiusque modi sed pleraque lignea collecta ex tuguriis Numidarum. Ad hoc finitimis imperat

que se post regis fugam Metello dederant quam plurimum quisque aquae portaret; diem locumque ubi praesto forent praedicit; ipse

ex flumine quam proximam oppido aquam esse supra diximus iumenta onerat: eo modo instructus ad Thalam proficiscitur. Deinde ubi

ad id loci ventum quo Numidis praeceperat et castra posita munitaque sunt tanta repente caelo missa vis aquae dicitur ut ea

modo exercitui satis superque foret. Praeterea commeatus spe amplior quia Numidae sicuti plerique in nova deditione officia

intenderant. Ceterum milites religione pluvia magis usi eaque res multum animis eorum addidit nam rati sese dis immortalibus

curae esse. Deinde postero die contra opinionem Iugurthae ad Thalam perveniunt. Oppidani qui se locorum asperitate munitos

crediderant magna atque insolita re perculsi nihilo segnius bellum parare; idem nostri facere.

Versione tradotta

LXXV Giugurta, disperando sempre più della sua sorte a causa di quella
fuga, coi disertori e

una parte della cavalleria si rifugiò dapprima nel
deserto, poi a Tala, grande e ricca città, ove si trovava la

maggior parte
dei suoi tesori e il raffinato ambiente in cui venivano educati i suoi
giovani figli. Quando

Metello ne fu informato, sebbene sapesse che fra
Tala e il fiume più vicino per un raggio di cinquanta miglia si

stendevano
terre aride e desolate, tuttavia, nella speranza di por fine alla guerra
con la presa di quella

città, si prepara a superare tutte le difficoltà e
a vincere anche la natura. Ordina quindi di scaricare tutti i

bagagli
dalle bestie da soma, tranne il grano sufficiente per dieci giorni e di
portare soltanto otri e

altri recipienti adatti al trasporto dell'acqua.
Requisisce poi dalle campagne il maggior numero possibile di

animali da
soma e li carica di vasi di ogni tipo, per lo più di legno, raccolti nelle
capanne dei Numidi.

Inoltre agli abitanti dei dintorni, passati a
Metello dopo la fuga del re, ordina di portare ciascuno quanta più

acqua
possibile e indica loro il giorno e il luogo dove devono trovarsi pronti.
Egli stesso fa caricare

sulle bestie da soma l'acqua attinta al fiume
che, come ho già detto, era la riserva d'acqua più vicina alla città,

e
con questo equipaggiamento inizia la sua marcia per Tala. Quando poi fu
giunto al luogo che aveva

indicato ai Numidi ed ebbe allestito e
fortificato il campo, dicono che improvvisamente cadde dal cielo una tale

quantità d'acqua, che da sola sarebbe bastata e avanzata per l'esercito.
Inoltre l'approvvigionamento

risultò superiore al previsto perché i
Numidi, come quasi tutti quelli che si sono arresi da poco, avevano

raddoppiato le loro premure. D'altra parte i soldati, per scrupolo
religioso, preferirono l'acqua piovana e ne

furono molto rinfrancati,
essendosi convinti di stare a cuore agli dèi immortali. Il giorno dopo,
contro

ogni previsione di Giugurta, i Romani giungono a Tala. Gli
abitanti, che pensavano di essere al sicuro per

l'inaccessibilità dei
luoghi, rimasero scossi da quella impresa grande e straordinaria, ma non
per questo

misero minore impegno nel prepararsi a combattere; lo stesso
facevano i nostri.

  • Letteratura Latina
  • Par. 60-89
  • Sallustio

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