Non enim
video cur, quid ipse sentiam de morte, non audeam vobis dicere, quod eo cernere mihi melius videor, quo ab ea propius absum.
Ego vestros patres, P. Scipio, tuque, C. Laeli, viros clarissimos mihique amicissimos, vivere arbitror, et eam quidem vitam,
quae est sola vita nominanda. Nam, dum sumus inclusi in his compagibus corporis, munere quodam necessitatis et gravi opere
perfungimur; est enim animus caelestis ex altissimo domicilio depressus et quasi demersus in terram, locum divinae naturae
aeternitatique contrarium. Sed credo deos immortalis sparsisse animos in corpora humana, ut essent, qui terras tuerentur,
quique caelestium ordinem contemplantes imitarentur eum vitae modo atque constantia. Nec me solum ratio ac disputatio impulit,
ut ita crederem, sed nobilitas etiam summorum philosophorum et auctoritas.
Versione tradotta
Non vedo infatti perché non dovrei
osare dirvi cosa io stesso penso della morte, poiché mi sembra che io giudichi meglio quanto più mi avvicino ad essa. Io credo
che i vostri padri, il tuo, o Scipione [Emilio Paolo], e il tuo, o Lelio [Caio Lelio, console nel 190 a.C.], uomini famosissimi
e a me tanto amici, vivano, e proprio quella vita che sola si deve chiamare vita. Infatti, finché siamo rinchiusi in questa
prigione del corpo, adempiamo ad un certo dovere di necessità e con grave fatica: infatti lanima celeste si abbassa dal suo
altissimo domicilio e quasi sprofonda in terra, luogo contrario alla natura divina e alleternità. Ma io penso che gli dei
immortali abbiano disseminato le anime nei corpi umani, affinché esistessero coloro che custodissero la terra, e che,
contemplando larmonia delle cose celesti, la imitassero con la condotta ed il contegno della vita. E non solo il ragionamento
e la discussione mi hanno indotto a credere questo, ma anche la reputazione e lautorità dei più grandi filosofi.
- De Senectute
- De Senectute di Cicerone
- Cicerone
- De Senectute