Audiebam Pythagoram Pythagoreosque,
incolas paene nostros, qui essent Italici philosophi quondam nominati, numquam, dubitasse, quin ex universa mente divina
delibatos animos haberemus. Demonstrabantur mihi praeterea, quae Socrates supremo vitae die de immortalitate aminorum
disseruisset, is qui esset omnium sapientissimus oraculo Apollinis iudicatus. Quid multa? Sic persuasi mihi, sic sentio, cum
tanta celeritas animorum sit, tanta memoria praeteritorum futurorumque prudentia, tot artes, tantae scientiae, tot inventa, non
posse eam naturam, quae res eas contineat, esse mortalem, cumque semper agitetur animus nec principium motus habeat, quia se
ipse moveat, ne finem quidem habiturum esse motus, quia numquam se ipse sit relicturus; et, cum simplex animi esset natura,
neque haberet in se quicquam admixtum dispar sui atque dissimile, non posse eum dividi; quod si non posset, non posse interire;
magnoque esse argumento homines scire pleraque ante quam nati sint, quod iam pueri, cum artis difficilis discant, ita celeriter
res innumerabilis arripiant, ut eas non tum primum accipere videantur, sed reminisci et recordari. Haec Platonis fere.
Versione tradotta
Sentivo che Pitagora e i pitagorici, quasi nostri compatrioti, i quali una volta erano chiamati
filosofi italici, non avevano mai messo in dubbio che noi avessimo anime emanate dalla divina intelligenza. Inoltre mi
venivano spiegate le cose su cui Socrate aveva dissertato, nellultimo giorno della sua vita, circa limmortalità delle anime,
egli che era stato giudicato dalloracolo di Apollo il più saggio di tutti. Perché ancora tante parole? Di questo mi sono
convinto, questo sento: così grande è la velocità dello spirito, così grande il ricordo delle cose passate e la preveggenza di
quelle future, tante le arti, tante le scienze, tante le invenzioni, che non può essere mortale quella natura che contiene
queste cose; e poiché lanima sempre si muove e il suo movimento non ha principio, perché si muove da sé, il suo moto non avrà
neppure una fine, perché non abbandonerà mai se stessa; e poiché la natura dellanima è semplice e non ha mescolato a sé nessun
elemento eterogeneo, non può essere divisa; e se non può essere divisa, non può morire; ed è una convincente prova che gli
uomini conoscono la maggior parte delle cose prima di nascere il fatto che, pur fanciulli, imparando nozioni difficili, così
rapidamente si impadroniscono di numerosissime cose, che non sembra che le acquisiscano allora per la prima volta, ma le
ricordino e le richiamino alla mente. Questa allincirca è (la dottrina) di Platone.
- De Senectute
- De Senectute di Cicerone
- Cicerone
- De Senectute