Pro Milone, Paragrafo 8 - Studentville

Pro Milone, Paragrafo 8

An est quisquam qui hoc ignoret cum de homine occiso quaeratur aut negari solere omnino esse factum aut recte et iure factum esse defendi? Nisi vero existimatis dementem P. Africanum fuisse qui cum a C. Carbone [tribuno plebis seditiose] in contione interrogaretur quid de Ti. Gracchi morte sentiret responderit iure caesum videri. Neque enim posset aut Ahala ille Servilius aut P. Nasica aut L. Opimius aut C. Marius aut me consule senatus non nefarius haberi si sceleratos civis interfici nefas esset. Itaque hoc iudices non sine causa etiam fictis fabulis doctissimi homines memoriae prodiderunt eum qui patris ulciscendi causa matrem necavisset variatis hominum sententiis non solum divina sed etiam sapientissimae deae sententia liberatum.

Versione tradotta

Ma forse qualcuno non sa che, quando si celebra un processo di omicidio, si è soliti o affermare che il fatto non è avvenuto o sostenere che è avvenuto con piena legittimità? A meno che non giudichiate insensato Publio Africano, il quale, interrogato in maniera demagogica nell'assemblea popolare dal tribuno della plebe Gaio Carbone su cosa pensasse della morte di Tiberio Gracco, rispose che riteneva pienamente legittima la sua uccisione. Sarebbe impossibile, infatti, non considerare criminale il ben noto Servilio Ahala, né Publio Nasica né Lucio Opimio né Gaio Mario né il senato al tempo del mio consolato, se fosse un delitto uccidere cittadini scellerati. Di conseguenza, giudici, non senza ragione poeti dottissimi anche in opere letterarie hanno immortalato la vicenda di colui che, uccisore della madre per vendicare il padre, di fronte al discorde verdetto dei mortali, fu assolto da un verdetto divino, anzi della più saggia fra le dee.

  • Letteratura Latina
  • Pro Milone di Cicerone
  • Cicerone

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