Scaevola: Quaerunt quidem, C. Laeli, multi, ut est a Fannio dictum, sed ego id respondeo, quod
animum adverti, te dolorem, quem acceperis cum summi viri tum amicissimi morte, ferre moderate nec potuisse non commoveri nec
fuisse id humanitatis tuae; quod autem Nonis in collegio nostro non adfuisses, valetudinem respondeo causam, non maestitiam
fuisse.
Laelius: Recte tu quidem, Scaevola, et vere; nec enim ab isto officio, quod semper usurpavi, cum valerem, abduci
incommodo meo debui, nec ullo casu arbitror hoc constanti homini posse contingere, ut ulla intermissio fiat officii.
Versione tradotta
Scevola: Me lo chiedono sì, Lelio, molti, come ha detto Fannio,
ma io rispondo quel che ho osservato io stesso, che cioè tu sopporti con moderazione il dolore che t'è venuto dalla morte di
un uomo sommo e a te amicissimo; e che non potevi non commuoverti, né ciò del resto l'avrebbe permesso la tua umanità;
quanto al fatto che nelle passate None tu non sei stato presente alla nostra adunanza, rispondo che la causa fu la salute e non
il cordoglio. Lelio: Tu, Scevola, hai risposto proprio il vero: né infatti una mia disgrazia mi avrebbe dovuto distogliere da
codesto dovere, che sempre ho compiuto quando stavo bene, né credo che per alcun caso a un uomo di carattere possa capitare di
trascurare il suo dovere.
- Letteratura Latina
- De Amicitia di Cicerone
- Cicerone