LAELIUS: Est, ut dicis, Cato; sed
fortasse dixerit quispiam tibi propter opes et copias et dignitatem tuam tolerabiliorem senectutem videri, id autem non posse
multis contingere.
CATO: Est istuc quidem, Laeli, aliquid, sed nequaquam in isto sunt omnia. Ut Themistocles fertur Seriphio
cuidam in iurgio respondisse, cum ille dixisset non eum sua, sed patriae gloria splendorem adsecutum: ‘Nec hercule,’
inquit, ‘si ego Seriphius essem, nec tu, si Atheniensis clarus umquam fuisses.’ Quod eodem modo de senectute dici potest.
Nec enim in summa inopia levis esse senectus potest ne sapienti quidem, nec insipienti etiam in summa copia non gravis.
Versione tradotta
LELIO: È come dici tu, o Catone; ma forse qualcuno dirà che a
te la vecchiaia sembra più sopportabile per le tue sostanze, le tue ricchezze e il tuo prestigio, e che invece ciò non può
toccare a molti.
CATONE: Eh sì, Lelio, questo è qualcosa, ma certo non è tutto. Come si dice che Temistocle [il generale
ateniese (530-461 a.C.) vittorioso contro i Persiani a Salamina nel 480] abbia risposto in una disputa con un tale di Serifo
[desertica isola delle Cicladi], avendogli questo rinfacciato che egli aveva raggiunto la fama non per sua gloria ma per quella
della patria: "Né, per Ercole, se io fossi di Serifo sarei diventato famoso, né tu se fossi stato di Atene." Cosa che allo
stesso modo può applicarsi alla vecchiaia: infatti né nell'estrema indigenza può essere lieve la vecchiaia neppure per il
saggio, né per lo stolto può essere non greve anche nella più copiosa ricchezza.
- Letteratura Latina
- De Senectute di Cicerone
- Cicerone
- De Senectute