Postquam domum reditum est collegae eius hoc crimine accusabantur. Quibus ille permisit ut omnem causam in se transferrent
suaque opera factum contenderent. ut legi non oboedirent. Qua defensione illis periculo liberatis nemo Epaminondam responsurum
putabat quod quid diceret non haberet. At ille in iudicium venit nihil eorum negavit quae adversarii crimini dabant omniaque
quae collegae dixerant confessus est neque recusavit quo minus legis poenam subiret sed unum ab iis petivit ut in periculo suo
inscriberent: Epaminondas a Thebanis morte multatus est quod eos coegit apud Leuctra superare Lacedaemonios quos ante se
imperatoren: nemo Boeotorum ausus fuit aspicere in acie quodque uno proelio non solum Thebas ab interitu retraxit sed etiam
universam Graeciam in libertatem vindicavit eoque res utrorumque perduxit ut Thebani Spartam oppugnarent Lacedaemonii satis
haberent si salvi esse possent neque prius bellare destitit quam Messene restituta urbem eorum obsidione clausit. Haec cum
dixisset risus omnium cum hilaritate coortus est neque quisquam iudex ausus est de eo ferre suffragium. Sic a iudicio capitis
maxima discessit gloria.
Versione tradotta
Dopo che si fu tornati in patria, i suoi colleghi vennero accusati con questo capo di
incriminazione. Egli li autorizzò a trasferire su di sé tutta la colpa ed a sostenere che fu per il suo intervento se essi non
ubbidirono alle leggi. Assolti quelli grazie a questa difesa, nessuno riteneva che Epaminonda si sarebbe giustificato, perché
non avrebbe avuto che cosa dire. Ma quello si presentò al processo, non suoi avversari e confermò tutte quelle cose che
avevano detto i suoi colleghi e non rifiutò di affrontare la punizione prevista dalla legge; ma una cosa chiese loro, che nella
sua sentenza di condanna scrivessero: “Epamínonda fu condannato a morte dai Tebani, perché li costrinse presso Lèuttra a
vincere gli Spartani, che prima del suo comando nessuno dei Beoti aveva osato affrontare in campo e perché con una sola
battaglia, non solo salvò Tebe dalla rovina, ma restituì anche la libertà a tutta la Grecia, e condusse a tal punto le cose che
i Tebani assalirono Sparta e gli Spartani si ritennero fortunati se poterono salvarsi e non cessò di combattere prima che,
ricostruita Messene, ebbe stretto d’assedio la loro città”. Avendo dette queste cose, ci fu uno scoppio di risa tra l’ilarità
generale né alcun giudice osò votare contro di lui. Così la un processo capitale uscì fuori con grandissima gloria.
- Letteratura Latina
- Liber de excellentibus gentium (Epaminondas) di Cornelio Nepote
- Cornelio Nepote