Hieme quaternis cum pingui toga tunicis et
subucula et thorace laneo et feminalibus et tibialibus muniebatur, aestate apertis cubiculi foribus, ac saepe in peristylo
saliente aqua atque etiam ventilante aliquo cubabat. Solis vero ne hiberni quidem patiens, domi quoque non nisi petasatus sub
divo spatiabatur. Itinera lectica et noctibus fere, eaque lenta ac minuta faciebat, ut Praeneste vel Tibur biduo procederet; ac
si quo pervenire mari posset, potius navigabat. Verum tantam infirmitatem magna cura tuebatur, in primis lavandi raritate
(unguebatur enim saepius). Aut sudabat ad flammam, deinde perfundebatur egelida aqua vel sole multo tepefacta; aut quotiens
nervorum causa marinis albulisque calidis utendum esset, contentus hoc erat ut insidens ligneo solio, quod ipse Hispanico verbo
duretam vocabat, manus ac pedes alternis iactaret.
Versione tradotta
In inverno portava spesso, sotto una toga, quattro tuniche,
una camicia, una maglia di lana e delle fasce attorno alle cosce e alle gambe; d'estate dormiva nella sua camera con le
porte aperte, e spesso sotto il portico, a fianco di un getto d'acqua e con uno schiavo che gli faceva vento. Nemmeno
d'inverno riusciva a sopportare il sole e anche nel cortile di casa passeggiava con il cappello in testa. Viaggiava in
lettiga quasi sempre di notte, lentamente, a piccole tappe, impiegando due giorni per andare a Preneste o a Tivoli; se poi in
qualche luogo ci si poteva andare per mare, di preferenza navigava. Tuttavia con molta attenzione riusciva a sostenere una
salute così malandata, per prima cosa lavandosi poco, si faceva frizionare spesso e sudava vicino al fuoco, poi si immergeva
nell'acqua tiepida o leggermente scaldata al sole. Ma tutte le volte che le sue condizioni di nervi gli imponevano i bagni
di mare o le cure termali di Albula si accontentava di sedersi su uno sgabello di legno, che egli, con termine spagnolo,
chiamava «dureta», e di agitare le mani e i piedi con movimenti alterni.
- Letteratura Latina
- Divus Augustus di Svetonio
- Svetonio