Cyrus
quidem haec moriens; nos, si placet, nostra videamus. Nemo umquam mihi, Scipio, persuadebit aut patrem tuum Paulum, aut duos
avos, Paulum et Africanum, aut Africani patrem, aut patruum, aut multos praestantis viros quos enumerare non est necesse, tanta
esse conatos, quae ad posteritatis memoriam pertinerent, nisi animo cernerent posteritatem ad se ipsos pertinere. Anne censes,
ut de me ipse aliquid more senum glorier, me tantos labores diurnos nocturnosque domi militiaeque suscepturum fuisse, si eisdem
finibus gloriam meam, quibus vitam, essem terminaturus? Nonne melius multo fuisset otiosam et quietam aetatem sine ullo labore
et contentione traducere? Sed nescio quo modo animus erigens se posteritatem ita semper prospiciebat, quasi, cum excessisset e
vita, tum denique victurus esset. Quod quidem ni ita se haberet, ut animi inmortales essent, haud optimi cuiusque animus maxime
ad inmortalitatem et gloriam niteretur.
Versione tradotta
Nessuno mi
persuaderà mai, o Scipione, che tuo padre Paolo, o i tuoi due nonni, Paolo e l'Africano, o il padre dell'Africano o suo
zio materno, oppure molti eccellenti uomini, che non è il caso di enumerare, si cimentarono in tante gesta che tendevano al
ricordo della posterità, se non pensavano nel loro animo che la posterità potesse riguardarli. O forse pensi - per vantarmi un
po' da solo alla maniera dei vecchi - che io mi sarei sottoposto a tante fatiche di giorno e di notte, in pace ed in guerra,
se avessi dovuto delimitare la mia gloria negli stessi confini della vita? Non sarebbe stato molto meglio trascorrere una vita
priva di impegni e tranquilla, senza alcun affanno e contesa? Ma non so come, l'anima mia, erigendosi, guardava sempre verso
la posterità come se, una volta dipartita dalla vita, allora finalmente avesse vissuto. Che se poi non fosse così, che le anime
sono immortali, le anime di tutti i migliori non tenderebbero in massimo grado alla immortalità ed alla gloria.
- Letteratura Latina
- De Senectute di Cicerone
- Cicerone
- De Senectute