Imperator postquam de regum societate
cognovit non temere neque uti saepe iam victo Iugurtha consueuerat omnibus locis pugnandi copiam facit. Ceterum haud procul ab
Cirta castris munitis reges opperitur melius esse ratus cognitis Mauris quoniam is nouos hostis accesserat ex commodo pugnam
facere. Interim Roma per litteras certior fit prouinciam Numidiam Mario datam; nam consulem factum ante acceperat. Quibus rebus
supra bonum aut honestum perculsus neque lacrimas tenere neque moderari linguam vir egregius in aliis artibus nimis molliter
aegritudinem pati. Quam rem alii in superbiam vertebant alii bonum ingenium contumelia accensum esse multi quod iam parta
victoria ex manibus eriperetur. Nobis satis cognitum est illum magis honore Mari quam iniuria sua excruciatum neque tam anxie
laturum fuisse si adempta prouincia alii quam Mario traderetur.
Versione tradotta
Il comandante, informato dell’alleanza dei due re, non vuole
più
esporsi a combattimenti casuali né su qualsiasi terreno, come aveva fatto
spesso dopo la vittoria su
Giugurta. Anzi, fortificato il campo, attende i
re non lontano da Cirta, convinto che sia meglio prima conoscere
questi
nuovi nemici che erano i Mauri e poi attaccare battaglia in condizioni
favorevoli. Nel frattempo
apprende per lettera, da Roma, che la
provincia della Numidia è stata assegnata a Mario: della sua elezione a
console era già stato avvertito. Colpito dalla notizia più di quanto fosse
giusto e dignitoso, non seppe trattenere
le lacrime né frenare la lingua:
uomo per altri aspetti eccezionale, si mostrò troppo debole di fronte al
dolore. Alcuni attribuivano questo comportamento alla sua superbia,
altri al risentimento della sua indole generosa
per l’offesa patita, i più
al fatto di vedersi strappare di mano una vittoria già sua. Personalmente
sono
convinto che lo tormentava più l’onore concesso a Mario che
l’affronto subìto e che non avrebbe sofferto tanto se
la provincia a lui
tolta fosse stata assegnata ad altri anziché a Mario.
- Letteratura Latina
- Par. 60-89
- Sallustio