Quid habet enim vita commodi? Quid non potius laboris? Sed habeat sane, habet certe tamen aut satietatem
aut modum. Non lubet enim mihi deplorare vitam, quod multi, et ei docti, saepe fecerunt, neque me vixisse paenitet, quoniam ita
vixi, ut non frustra me natum existimem, ut ex vita ita discedo tamquam ex hospitio, non tamquam e domo. Commorandi enim natura
devorsorium nobis, non habitandi dedit. O praeclarum diem, cum in illud divinum animorum concilium coetumque proficiscar cumque
ex hac turba et conluvione discedam! Proficiscar enim non ad eos solum viros, de quibus ante dixi, verum etiam ad Catonem meum,
quo nemo vir melior natus est, nemo pietate praestantior; cuius a me corpus est crematum, quod contra decuit ab illo meum,
animus vero, non me deserens sed respectans, in ea profecto loca discessit, quo mihi ipsi cernebat esse veniendum. Quem ego
meum casum fortiter ferre visus sum, non quo aequo animo ferrem, sed me ipse consolabar existimans non longinquum inter nos
digressum et discessum fore.
Versione tradotta
Cosa di
positivo ha infatti la vita? O piuttosto quale travaglio non ha? Ma ne abbia pure (di cose positive), tuttavia ha certamente
sazietà o misura. Non mi piace, infatti, deplorare la vita, cosa che spesso hanno fatto in molti ed anche saggi, né mi pento di
essere vissuto, benché io sia vissuto in modo da non credere di essere nato invano, e mi allontano dalla vita come da un
albergo, non come da una casa: infatti la natura ci ha dato un alloggio per sostarvi, non per abitarvi. O felice il giorno,
quando partirò per quel divino consesso e convegno di anime e mi staccherò da questa ressa e da questa confusione! Partirò
infatti non solo verso quegli uomini di cui prima ho parlato, ma anche verso il mio Catone, di cui nessun uomo è nato migliore,
nessuno più dotato di amore filiale; il cui corpo è stato da me cremato, mentre invece sarebbe stato giusto che da lui (fosse
cremato) il mio, e la sua anima, non abbandonandomi, ma volgendosi a guardarmi, se ne andò senza dubbio in quei luoghi dove
egli stesso vedeva che anche io sarei poi venuto. Se vi è parso che io abbia con animo forte sopportato questa mia sventura,
non l'ho certo sopportata con animo sereno, ma mi consolavo pensando che non sarebbero stati lunghi tra di noi il distacco e
la separazione.
- Letteratura Latina
- De Senectute di Cicerone
- Cicerone
- De Senectute