Sed consul expletis legionibus cohortibusque auxiliariis in agrum fertilem et praeda onustum proficiscitur
omnia ibi capta militibus donat; dein castella et oppida natura et viris parum munita aggreditur proelia multa ceterum leuia
alia aliis locis facere. Interim novi milites sine metu pugnae adesse videre fugientis capi aut occidi fortissimum quemque
tutissimum armis libertatem patriam parentisque et alia omnia tegi gloriam atque divitias quaeri. Sic brevi spatio novi
ueteresque coaluere et virtus omnium aequalis facta. At reges ubi de adventu Mari cognoverunt diuersi in locos difficilis
abeunt. Ita Iugurthae placuerat speranti mox effusos hostis invadi posse Romanos sicuti plerosque remoto metu laxius
licentiusque futuros.
Versione tradotta
Il console, completati i ruoli
effettivi delle legioni e delle
coorti ausiliarie, si inoltra in un territorio fertile e ricco di bottino.
Lascia ai soldati tutta la preda; attacca poi fortezze e città scarsamente
difese dalla natura e dagli uomini;
sostiene molti scontri qua e là, ma di
scarso rilievo. Intanto le reclute si abituano a partecipare alla
battaglia senza paura, vedono che chi fugge è catturato e ucciso, mentre i
più valorosi hanno meno da temere; si
rendono conto che con le armi non
solo si proteggono libertà, patria, famiglia, tutto insomma, ma si
conquistano anche gloria e ricchezza. Così in breve tempo reclute e
veterani si amalgamarono e tutti si equivalsero
per valore. Ma i due re,
appena seppero dell'arrivo di Mario, si separarono e si ritirarono in
località
inaccessibili. Così aveva deciso Giugurta, che sperava di poter
presto piombare sui nemici sbandati: contava sul
fatto che i Romani, come
di solito accade, cessata la paura, sarebbero stati meno attenti e
disciplinati.
- Letteratura Latina
- Par. 60-89
- Sallustio