De Amicitia, Paragrafo 88 - Studentville

De Amicitia, Paragrafo 88

Verum ergo illud est quod a Tarentino Archyta, ut opinor, dici solitum nostros senes commemorare audivi ab aliis

senibus auditum: ‘si quis in caelum ascendisset naturamque mundi et pulchritudinem siderum perspexisset, insuavem illam

admirationem ei fore; quae iucundissima fuisset, si aliquem, cui narraret, habuisset.’ Sic natura solitarium nihil amat

semperque ad aliquod tamquam adminiculum adnititur; quod in amicissimo quoque dulcissimum est.
Sed cum tot signis eadem

natura declaret, quid velit, anquirat, desideret, tamen obsurdescimus nescio quo modo nec ea, quae ab ea monemur, audimus. Est

enim varius et multiplex usus amicitiae, multaeque causae suspicionum offensionumque dantur, quas tum evitare, tum elevare, tum

ferre sapientis est; una illa sublevanda offensio est, ut et utilitas in amicitia et fides retineatur: nam et monendi amici

saepe sunt et obiurgandi, et haec accipienda amice, cum benevole fiunt.

Versione tradotta

E

questo, si, dunque, è ciò che io ho udito i nostri vecchi ricordare di aver udito da altri vecchi, e cioè che il tarantino

Archita, mi sembra, era solito ripetere che se qualcuno fosse salito al cielo e avesse contemplato la struttura del mondo e la

bellezza degli astri, quella contemplazione non gli avrebbe dato nessun piacere; mentre glielo avrebbe dato grandissimo,

s'egli avesse avuto qualcuno a cui raccontare la cosa. Così la natura non ama che vi sia cosa alcuna solitaria, e sempre

s'appoggia per cosi dire a un qualche sostegno; e gli amici più cari costituiscono il più dolce dei sostegni.
Ma sebbene

con tanti segni la natura stessa mostri che cosa voglia, ricerchi, desideri, tuttavia non so perché facciamo i sordi e non

diamo ascolto alle sue esortazioni. Varia infatti e molteplice è la maniera d'essere amici, e si danno molte ragioni di

sospetto e di offesa che è dovere dell'uomo savio ora evitare, ora attenuare, ora sopportare; ma perché si salvino

l'utilità e la buona fede nell'amicizia, un motivo d'offesa specialmente bisogna eliminare: ché gli amici li si devono

ammonire e rimproverare, e ammonizione e rimprovero si devono accogliere amichevolmente, quando son fatti con animo benevolo.

  • Letteratura Latina
  • De Amicitia di Cicerone
  • Cicerone

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti