Obstabat eius cogitationibus nemo praeter Milonem. Illum ipsum qui obstare poterat novo reditu in gratiam quasi devinctum arbitrabatur: Caesaris potentiam suam esse dicebat: bonorum animos in meo casu contempserat: Milo unus urgebat.
Hic di immortales ut supra dixi mentem illi perdito ac furioso dederunt ut huic faceret insidias. Aliter perire pestis illa non potuit: numquam illum res publica suo iure esset ulta. Senatus (credo) praetorem eum circumscripsisset. Ne cum solebat quidem id facere in privato eodem hoc aliquid profecerat.
Versione tradotta
Nessuno, se non Milone, si opponeva ai suoi disegni: l'altro che poteva ostacolarli, egli credeva di averlo legato alla sua causa grazie alla recente riconciliazione. Andava dicendo che la potenza di Cesare era come sua; dei sentimenti degli ottimati non aveva affatto tenuto conto al tempo della mia disgrazia: solo Milone gli faceva paura.
Fu a questo punto che gli dèi immortali, come ho detto sopra, ispirarono a quell'uomo perverso e furioso di tendere un agguato a Milone: altrimenti quella peste non sarebbe potuta perire e mai lo stato sarebbe riuscito a punirlo con i mezzi legali di cui disponeva. Il senato, penso, avrebbe potuto limitarne i poteri durante la pretura: ma anche quando si servì di questa prerogativa, non riuscì in nulla con costui, che pure era un privato cittadino.
- Letteratura Latina
- Pro Milone di Cicerone
- Cicerone