Bellum Iugurthinum, Paragrafo 89 - Studentville

Bellum Iugurthinum, Paragrafo 89

Sed consul uti statuerat oppida castellaque munita adire partim vi alia metu aut praemia ostentando

auertere ab hostibus. Ac primo mediocria gerebat existimans Iugurtham ob suos tutandos in manus venturum. Sed ubi illum procul

abesse et aliis negotiis intentum accepit maiora et magis aspera aggredi tempus visum est. Erat inter ingentis solitudines

oppidum magnum atque valens nomine Capsa cuius conditor Hercules Libys memorabatur. Eius ciues apud Iugurtham immunes leui

imperio et ob ea fidelissimi habebantur muniti aduersum hostis non moenibus modo et armis atque viris verum etiam multo magis

locorum asperitate. Nam praeter oppido propinqua alia omnia vasta inculta egentia aquae infesta serpentibus quarum vis sicuti

omnium ferarum inopia cibi acrior. Ad hoc natura serpentium ipsa perniciosa siti magis quam alia re accenditur. Eius potiendi

Marium maxima cupido invaserat cum propter usum belli tum quia res aspera videbatur et Metellus oppidum Thalam magna gloria

ceperat haud dissimiliter situm munitumque nisi quod apud Thalam non longe a moenibus aliquot fontes erant Capsenses una modo

atque ea intra oppidum iugi aqua cetera pluvia utebantur. Id ibique et in omni Africa quae procul a mari incultius agebat eo

facilius tolerabatur quia Numidae plerumque lacte et ferina carne uescebantur et neque salem neque alia irritamenta gulae

quaerebant: cibus illis aduersum famem atque sitim non libidini neque luxuriae erat.

Versione tradotta

Ma il console, secondo quanto aveva stabilito, assaliva città e
castelli fortificati

e li strappava al nemico in alcuni casi con la forza,
in altri con minacce o con promesse di premi. E dapprima le

sue azioni
erano di scarso rilievo, perché pensava che Giugurta, per difendere i
suoi, avrebbe accettato il

combattimento. Ma quando seppe che il re era
piuttosto lontano e intento in altre faccende, gli parve tempo di

tentare
imprese più importanti e più difficili. In mezzo a vasti deserti sorgeva
una città grande e forte

di nome Capsa, che vantava come fondatore Ercole
Libico. I suoi abitanti, sotto Giugurta, erano affrancati da ogni

tributo
e governati con mitezza: passavano perciò per sudditi fedeli. Erano
protetti contro i nemici da

mura, armi e soldati, ma anche, molto di più,
dall'inaccessibilità dei luoghi. Infatti, eccettuati i dintorni della

città, tutto il resto della zona era deserto, incolto, privo di acqua e
infestato da serpenti, la cui

ferocia, come in tutte le belve, è
accresciuta dalla mancanza di cibo. Si aggiunga che la natura dei

serpenti, già di per sé perniciosa, è esasperata dalla sete più che da
qualsiasi altro stimolo. Ora Mario era stato

preso dal desiderio
vivissimo di espugnare la città non soltanto per la sua importanza
strategica, ma anche

per la difficoltà dell'impresa e in considerazione
del fatto che Metello aveva espugnato Tala coprendosi di gloria.

Tala per
posizione e fortificazioni non era molto dissimile da Capsa, senonché
presso di essa, non lontano

dalle mura vi erano alcune fonti, mentre i
Capsesi disponevano di una sola sorgente, che, per giunta, si trovava

dentro la città; per il resto usavano acqua piovana. Questo
inconveniente là, come in tutte le zone

dell'Africa, che, lontane dal
mare, erano rimaste più selvagge, riusciva tanto più facilmente
tollerabile,

in quanto i Numidi si nutrivano per lo più di latte e di
cacciagione e non si servivano né di sale né di altri

condimenti piccanti.
Il cibo serviva loro per placare la fame e la sete e non era strumento
di piacere o

di stravizi.

  • Letteratura Latina
  • Par. 60-89
  • Sallustio

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