Pontificatum maximum ideo se
professus accipere ut puras servaret manus fidem praestitis nec auctorem posthac cuiusquam necis nec conscius quamvis interdum
ulciscenti causa non deesset sed periturum se potius quam perditurum adiurans. Duos patricii generis convicto in adfectationem
imperii nihil amplius quam ut desisteret monuit docens principatum fato dati si quid praeterea desiderarent promitteres se
tributurum; et confestim quidem at alterius matrem quae procul aberat cursore suos misit qui anxiae salvum filium nuntiarent;
ceterum ipsos non solum familiari cenae adhibuit sed et insequenti die gladiatorum spectaculo circa se ex industria conlocatis
ablata sibi ferramenta pugnantium inspicienda porrexit. Dicitur etiam cognita utriusque genitura imminere ambobus periculum
adfirmasse verum quandoque et ab alio; sicut evenit.
Fratrem insidiari sibi non desinentem sed paene ex professo
sollicitantem exercitus meditantem fugam neque occidere neque seponere ac ne in minore quidem honore habere sustinuit sed ut a
primo imperii die consorte successoremque testari perseveravit nonnumquam secreto precibus et lacrimis orans ut tandem mutuo
erga se animo vellet esse.
Versione tradotta
Aveva dichiarato di accettare il
sommo pontificato solo per conservare le mani pure, e mantenne la parola, perché da quel momento nessuno fu messo a morte per
suo ordine o con il suo consenso, sebbene talvolta non gli mancassero le occasioni di vendicarsi, ma egli giurava «che
preferiva morire, piuttosto che far morire qualcuno». Dimostrati colpevoli due patrizi di aspirare all'Impero, li invitò
soltanto a rinunciarvi, insegnando loro che «il principato viene dato dal destino» e promettendo, per di più, che avrebbe
accordato tutto quello che avessero chiesto. Subito, poi, presso la madre di no di questi patrizi, che si trovava lontana,
inviò alcuni suoi messaggeri che annunciassero alla donna preoccupata che il figlio era salvo, e quanto ai due, non solo li
ammise ad una cena intima, ma, il giorno successivo, durante uno spettacolo di gladiatori, fatti sedere proprio accanto a sé
volutamente, porse loro le armi dei combattenti, presentate a lui per farle esaminare. Si dice anche che, venuto a conoscenza
del loro oroscopo, li avvertì che incombeva su entrambi un pericolo, che non sarebbe venuto da un altro, e così accadde. Tito
ebbe la costanza di non far uccidere, di non allontanare e nemmeno di diminuire gli onori a suo fratello, che non cessava di
complottare contro di lui e che, quasi senza nascondersi, sollecitava perfino le armate alla rivolta e si preparava a fuggire,
ma continuò, come dal primo giorno del suo principato, a proclamarlo suo socio, suo futuro successore, supplicandolo in segreto
talvolta con lacrime e preghiere, a voler contraccambiare il suo affetto.
- Letteratura Latina
- Vita dei Cesari (Titus) di Svetonio
- Svetonio
- Vita dei Cesari