Dione, Paragrafo 9 - Studentville

Dione, Paragrafo 9

Hac mente proximo die festo cum a conventu se remotum Dion

domi teneret atque in conclavi edito recubuisset consciis facinoris loca munitiora oppidi tradit domum custodiis saepit a

foribus qui non discedant certos praeficit: navem triremem armatis ornat Philostratoque fratri suo tradit eamque in portu

agitari iubet ut si exercere remiges vellet cogitans si forte consiliis obstitisset fortuna ut haberet qua fugeret ad salutem.

Suorum autem e numero Zacynthios adulescentes quosdam eligit cum audacissimos tum viribus maximis hisque dat negotium ad Dionem

eant inermes sic ut conveniendi eius gratia viderentur venire. Hi propter notitiam sunt intromissi. At illi ut limen eius

intrarant foribus obseratis in lecto cubantem invadunt colligant: fit strepitus adeo ut exaudiri possit foris. Hic autem sicut

ante saepe dictum est quam invisa sit singularis potentia et miseranda vita qui se metui quam amari malunt cuivis facile

intellecta fuit. Namque illi ipsi custodes si prompta fuissent voluntate foribus effractis servare eum potuissent quod illi

inermes telum foris flagitantes vivum tenebant. Cui cum succurreret nemo Lyco quidam Syracusanus per fenestras gladium dedit

quo Dion interfectus est.

Versione tradotta

Con questo piano, nel successivo giorno di festa, mentre Dione si teneva in casa lontano dalla folla ed

era andato a dormire nella camera alta, egli affida ai congiurati i punti meglio difesi della città, circonda la casa di

guardie, vi mette a capo persone fidate che non si allontanino dalle porte, arma una trireme di soldati e la affida al

fratello Filostrato e ordina che faccia manovre nel porto, come se volesse esercitare i rematori, pensando, nel caso che la

fortuna avesse ostacolato i suoi disegni, di che avere con cui cercare scampo. Dal numero dei suoi sceglie poi alcuni ragazzi

di Zacinto, audacissimi e fortissimi e dà loro l'incarico di andare disarmati da Dione, in modo da sembrare che si recassero

da lui per un abboccamento. Questi erano conosciuti e furono fatti entrare. Ma non appena ebbero varcato la soglia, sbarrate

le porte, lo assalgono mentre dorme sul letto; lo legano; si fa uno schiamazzo così forte che si poteva sentire da fuori. Qui,

come si è detto spesso prima, ognuno poté facilmente capire quanto sia malvisto il potere dì uno solo e quanto degna di

compassione la vita di quelli che preferiscono essere temuti piuttosto che amati. Quelle stesse guardie, se la loro volontà

fosse stata ben disposta, forzando le porte avrebbero potuto salvarlo, poiché quelli che lo reggevano vivo erano disarmati e

chiedevano insistentemente un'arma da fuori. Ma poiché nessuno gli veniva in soccorso, un certo Licone Siracusano fece passare

attraverso le finestre una spada con la quale Dione fu ucciso.

  • Letteratura Latina
  • Liber de excellentibus gentium (Dion) di Cornelio Nepote
  • Cornelio Nepote

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti