An ille praetor ille vero consul–si modo haec templa atque ipsa moenia stare eo vivo tam diu et consulatum eius exspectare potuissent–ille denique vivus mali nihil fecisset qui mortuus uno ex suis satellitibus [Sex. Clodio] duce curiam incenderit? Quo quid miserius quid acerbius quid luctuosius vidimus? Templum sanctitatis amplitudinis mentis consili publici caput urbis aram sociorum portum omnium gentium sedem ab universo populo concessam uni ordini inflammari exscindi funestari? neque id fieri a multitudine imperita–quamquam esset miserum id ipsum–sed ab uno? Qui cum tantum ausus sit ustor pro mortuo quid signifer pro vivo non esset ausus? In curiam potissimum abiecit ut eam mortuus incenderet quam vivus everterat.
Versione tradotta
Forse che quello da pretore, quello anzi da console - purché questi templi e le mura stesse fossero potute restare in piedi tanto a lungo e, lui vivo, avessero potuto attendere il suo consolato - quello, insomma, da vivo non avrebbe compiuto alcuna azione malvagia, lui che da morto, sotto il comando di uno dei suoi scherani, [Sesto Clodio] ha incendiato la Curia? Abbiamo visto cosa più sciagurata, più crudele, più dolorosa? Il tempio della santità, della maestà, della saggezza, la sede del consiglio pubblico, la mente della città, l'altare degli alleati, il porto di tutte le genti, la dimora concessa per universale consenso ad un unico ordine, l'abbiamo vista incendiata distrutta contaminata, e ciò non avveniva per colpa di una massa ignorante - per quanto anche questa eventualità sarebbe deplorevole - ma per colpa di un solo uomo? Se egli, come crematore, ha avuto una simile audacia in favore di un morto, che cosa non avrebbe osato, come portabandiera, in favore di un vivo? Scelse proprio la Curia per gettarvi il cadavere, in modo che Clodio da morto bruciasse quella sede che da vivo aveva sconvolta.
- Letteratura Latina
- Pro Milone di Cicerone
- Cicerone