Ut igitur et monere et
moneri proprium est verae amicitiae et alterum libere facere, non aspere, alterum patienter accipere, non repugnanter, sic
habendum est nullam in amicitiis pestem esse maiorem quam adulationem, blanditiam, assentationem; quamvis enim multis nominibus
est hoc vitium notandum levium hominum atque fallacium ad voluntatem loquentium omnia, nihil ad veritatem.
Versione tradotta
Come dunque è proprio della vera amicizia e ammonire ed essere ammoniti; e l'una cosa fare francamente, non
aspramente, l'altra accoglierla pazientemente, non dispettosamente; così si deve ritenere che non c'è peste maggiore
nelle amicizie che l'adulazione, la cortigianeria, la piaggeria. Chiamalo con quanti vuoi nomi; si deve bollare questo vizio
di uomini leggeri e ingannevoli, che dicono ogni cosa per il piacere altrui, niente per la verità.
- Letteratura Latina
- De Amicitia di Cicerone
- Cicerone