Quod si in scaena, id est in contione, in qua rebus
fictis et adumbratis loci plurimum est, tamen verum valet, si modo id patefactum et illustratum est, quid in amicitia fieri
oportet, quae tota veritate perpenditur? in qua nisi, ut dicitur, apertum pectus videas tuumque ostendas, nihil fidum, nihil
exploratum habeas, ne amare quidem aut amari, cum, id quam vere fiat, ignores. Quamquam ista assentatio, quamvis perniciosa
sit, nocere tamen nemini potest nisi ei qui eam recipit atque ea delectatur. Ita fit, ut is assentatoribus patefaciat aures
suas maxime, qui ipse sibi assentetur et se maxime ipse delectet.
Versione tradotta
Poichè se sulla pubblica scena, voglio dire nell'assemblea popolare, in cui vi è moltissimo posto per le
invenzioni e le ombre della fantasia, tuttavia il vero ha il suo valore, purché sia rivelato e messo in luce, che cosa deve
accadere nell'amicizia, la quale tutta si misura alla stregua della verità? Ché se in essa tu non vedessi, come si dice, un
cuore aperto, e tu stesso non mostrassi il tuo, di nulla potresti fidarti né essere sicuro di nulla, neppure d'amare o di
essere amato, dal momento che non sapresti con quanta sincerità la cosa si faccia. Tuttavia codesta adulazione, sebbene sia
perniciosa, non può nuocere se non a colui che la accoglie e se ne compiace. Cosi avviene che necessariamente presta orecchio
alle adulazioni colui il quale si adula da se stesso e se ne compiace.
- De Amicitia
- De Amicitia di Cicerone
- Cicerone