Bellum Iugurthinum, Paragrafo 97 - Studentville

Bellum Iugurthinum, Paragrafo 97

At Iugurtha postquam oppidum Capsam aliosque locos

munitos et sibi utilis simul et magnam pecuniam amiserat ad Bocchum nuntios mittit: quam primum in Numidiam copias adduceret;

proeli faciendi tempus adesse. Quem ubi cunctari accepit et dubium belli atque pacis rationes trahere rursus uti antea proximos

eius donis corrupit ipsique Mauro pollicetur Numidiae partem tertiam si aut Romani Africa expulsi aut integris suis finibus

bellum compositum foret. Eo praemio illectus Bocchus cum magna multitudine Iugurtham accedit. Ita amborum exercitu coniuncto

Marium iam in hiberna proficiscentem vix decima parte die relicua invadunt rati noctem quae iam aderat et victis sibi munimento

fore et si vicissent nullo impedimento quia locorum scientes erant contra Romanis utrumque casum in tenebris difficiliorem

fore. Igitur simul consul ex multis de hostium adventu cognovit et ipsi hostes aderant et prius quam exercitus aut instrui aut

sarcinas colligere denique ante quam signum aut imperium ullum accipere quiuit equites Mauri atque Gaetuli non acie neque ullo

more proeli sed cateruatim uti quosque fors conglobauerat in nostros incurrunt. Qui omnes trepidi improuiso metu ac tamen

virtutis memores aut arma capiebant aut capientis alios ab hostibus defensabant; pars equos escendere obviam ire hostibus;

pugna latrocinio magis quam proelio similis fieri. Sine signis sine ordinibus equites peditesque permixti cedere alius alius

obtruncari multi contra aduersos acerrime pugnantes ab tergo circumveniri; neque virtus neque arma satis tegere quia hostes

numero plures et undique circumfusi erant. Denique Romani ueteres novique … Et ob ea scientes belli si quos locus aut casus

coniunxerat orbis facere atque ita ab omnibus partibus simul tecti et instructi hostium vim sustentabant.

Versione tradotta

Giugurta,

intanto, dopo aver perduto la città di Capsa e altre
piazzeforti per lui preziose e insieme con esse una gran

quantità di
denaro, inviò ambasciatori a Bocco, esortandolo a condurre al più presto
le sue truppe in

Numidia; era venuta l'ora di combattere. E come seppe
che questi esitava e, incerto, valutava i vantaggi della

guerra e della
pace, corruppe nuovamente con doni, come aveva fatto prima, le persone a
lui più vicine.

Allo stesso re Mauro promise poi un terzo della Numidia,
qualora o i Romani fossero stati scacciati dall'Africa o la

guerra si
fosse conclusa senza aver intaccato i suoi territori. Attratto da tale
ricompensa, Bocco

raggiunge Giugurta con un gran numero di uomini.
Congiunti i loro due eserciti, attaccano Mario ormai in procinto di

recarsi ai quartieri invernali; restava solo la decima parte del giorno e
pensavano che la notte, ormai

prossima, li avrebbe protetti in caso di
sconfitta, e non sarebbe stata di ostacolo in caso di vittoria, perché

conoscevano bene i luoghi. Per i Romani, invece, le tenebre avrebbero
creato difficoltà, in un caso come

nell'altro. Così nel momento stesso
in cui il console fu informato da molti dei suoi esploratori dell'arrivo

dei nemici, essi erano già lì, e prima che l'esercito potesse schierarsi o
radunare i bagagli, anzi prima che

potesse ricevere un qualche segnale di
battaglia o un ordine, i cavalieri mauri e getuli piombano sui nostri, non

schierati né secondo alcuna regola tattica, ma a torme, come il caso li
aveva riuniti. Tutti i Romani,

scossi dall'improvviso assalto, e
tuttavia memori del loro valore, impugnavano le armi o difendevano dai

nemici i compagni che si stavano armando; parte saltavano a cavallo e si
slanciavano contro i nemici. La mischia

sembrava più una zuffa di briganti
che una battaglia; senza insegne, senza ranghi, cavalieri e fanti

mescolati insieme, alcuni arretravano, altri erano trucidati; molti,
mentre combattevano accanitamente contro i

nemici che avevano di fronte,
venivano presi alle spalle. Né coraggio né armi erano una protezione

sufficiente, perché i nemici erano superiori di numero e sparsi ovunque.
Alla fine i veterani romani e anche le

reclute, quando il terreno o il
caso li riuniva insieme, si disponevano a cerchio e così coperti e

allineati su tutti i lati, facevano fronte agli attacchi dei nemici.

  • Letteratura Latina
  • Par. 90-114
  • Sallustio

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