Descrive una caverna profonda stretta ed in pendenza, simile ad un vicolo cieco. Sul fondo ci sono gli uomini, che sono nati e hanno sempre vissuto lì; essi sono seduti ed incatenati, rivolti verso la parete della caverna: non possono liberarsi nò uscire nò vedere quel che succede all’esterno. Fuori dalla caverna vi ò un mondo normalissimo: piante, alberi, laghi, il sole, le stelle. . . Però prima di tutto questo, proprio all’entrata della caverna, c’ò un muro dietro il quale ci sono persone che portano oggetti sulla testa: da dietro il muro spuntano solo gli oggetti che trasportano e non le persone: ò un pò come il teatro dei burattini, come afferma Platone stesso. Poi c’ò un gran fuoco, che fornisce un’illuminazione differente rispetto a quella del sole. Questa ò l’immagine di cui si serve Platone per descrivere la nostra situazione e per comprendere occorre osservare una proporzione di tipo A : B = B : C La caverna sta al mondo esterno (i fiori, gli alberi. . . ) così come nella realtà il mondo esterno sta al mondo delle idee: nell’immagine il mondo esterno rappresenta però quello ideale tant’ò che le cose riflesse nel lago rappresentano i numeri e non le immagini empiriche riflesse. Si vuole illustrare la differenza di vita nel mondo sensibile rispetto a quella nel mondo intellegibile. Noi siamo come questi uomini nella caverna, costretti a fissare lo sguardo sul fondo, che svolge la funzioni di schermo: su di esso si proiettano le immagini degli oggetti portati dietro il muro. La luce del fuoco, meno potente di quella solare, illumina e proietta questo mondo semi-vero. Gli uomini della caverna scambieranno le ombre proiettate sul fondo per verità , così come le voci degli uomini dietro il muro: in realtà ò solo l’eco delle voci reali. Gli uomini della caverna avranno un sapere basato su immagini e passeranno il tempo a misurarsi a chi ò più bravo nel cogliere le ombre riflesse, nell’indovinare quale sarà la sequenza: ò l’unica forma di sapere a loro disposizione ed il più bravo sarà colui il quale riuscirà a riconoscere tutte le ombre. Supponiamo che uno degli uomini incatenati riesca a liberarsi: subito si volterebbe e comincerebbe a vedere fuori gli oggetti portati da dietro il muro non più riflessi sul fondo della caverna. Poi comincerà ad uscire ma sarà piuttosto riluttante perchò infastidito dalla luce alla quale era desueto: quando finalmente uscirà si sentirà completamente smarrito e disorientato. Comincerà a guardare indirettamente la luce solare: ad esempio la osserverà riflessa su uno specchio d’acqua. Man mano che la vista si abitua guarda gli oggetti veri: gli alberi, i fiori. . . In un secondo tempo le stelle e poi riuscirà perfino a vedere il sole. Chiaramente vi sono chiare allusioni a varie dottrine platoniche: evidente risulta l’allusione ai 5 livelli di conoscenza; le immagini proiettate sul fondo della caverna sono l’eikasia la capacità di cogliere le realtà empiriche riflesse, grazie al fuoco che rende visibili questi oggetti “artificiali”. Gli oggetti artificiali che portano dietro il muro sono la pistis, il mondo sensibile vero e proprio. Curioso ò che l’atto di voltarsi da parte degli uomini nella caverna venga espresso con la parola “convertirsi”: ò l’atto fondamentale per il cambiamento della propria prospettiva esistenziale. Le cose dietro il muro riflesse nello specchio d’acqua rappresentano la dianoia, gli enti matematici; gli alberi ed i fiori sono invece le idee vere e proprie, la noesis. Il sole, invece, ò il bene in sò. Le stelle sono le idee più elevate (i numeri ideali. . . ). L’uomo che ò fuggito dalla caverna e ha visto tutto si trova in una situazione piuttosto ambigua: da un lato vorrebbe rimanere all’aperto, dall’altro sente il bisogno di far uscire anche i suoi amici incatenati; alla fine decide di calarsi nella caverna e quando arriva in fondo non vede più niente, ò come se accecato. Sostiene di essere tornato per condurli in un’altra realtà , ma essi lo deridono perchò non riesce più neppure a vedere le ombre riflesse sul fondo. Lui però continua a parlar loro del mondo esterno ma i suoi “amici” lo deridono e si arrabbiano e lo picchiano perfino. In realtà Platone vuole qui descrivere la storia di Socrate, un uomo che ha visto realtà superiori e ha cercato di farle conoscere agli altri che non hanno però accettato. Per quel che riguarda il fatto che l’uomo tornato nella caverna non riesca più a cogliere le realtà sensibili, possiamo portare ad esempio la vicenda del filosofo Talete, che guardando le stelle cadeva nei pozzi e veniva deriso per il fatto che voleva vedere le stelle lui che non vedeva neppure cosa c’era per terra. La liberazione dalle catene avviene (come la reminescenza) o per caso o grazie all’intervento di qualcuno. Comunque il mito rievoca pure il compito dei governanti, che una volta raggiunto il sapere devono per forza tornare nel mondo sensibile per governare. La fuoriuscita dalla caverna può anche essere metafora del lungo percorso educativo dei filosofi-re. Si può quindi definire correttamente il mito della caverna come una sorta di riassunto della filosofia platonica.
- Filosofia