Preghiera a Iside, regina del cielo - Studentville

Preghiera a Iside, regina del cielo

Circa primam ferme noctis vigiliam experrectus pavore subito, video praemicantis lunae candore nimio completum orbem marinis emergentem fluctibus; si fatum spem salutis, licet tardam, mihi subministrabat, augustum specimen deae praesentis statui deprecari; confestimque, discussa pigra quiete, laetus et alacer exsurrexi, donec lunae orbis reluceret, deam praepotentem lacrimoso vultu sic adprecabar: «Regina caeli, ista luce feminea conlustrans cuncta moenia et udis ignibus nutriens laeta semina, dispensans incerta lumina, si te fas est invocare, tu meis iam nunc extremis aerumnis subsiste, tu fortunam collapsam adfirma, tu saevis exanclatis casibus pausam pacemque tribue; sit finis laborum meorum, sit finis periculorum. Depelle quadripedis diram faciem, redde me conspectui meorum, redde me meo Lucio, ac si offensum numen inexorabili me saevitia premit, mori saltem liceat, si non licet vivere».

Versione tradotta

Al calar della notte, destatomi per un improvviso senso d’angoscia, vedo il disco pieno della luna, brillante di un chiarore straordinario, che emergeva dalle onde del mare. Se il destino mi offriva una speranza di salvezza, benché tardiva, decisi di implorare la veneranda immagine della dea che mi stava innanzi (lett. presente); subito, scossomi di dosso il torpore del sonno (pigra quiete), mi alzai gioioso e pieno di vitalità, e finché splendeva il disco della luna, così pregavo la dea onnipotente col volto rigato di lacrime: «Regina del cielo, tu che con questa (tua) luce femminile rischiari le mura di ogni città (lett. tutte le mura) e con i (tuoi) umidi raggi nutri le feconde sementi, spargendo variabili chiarori, se è lecito invocarti, soccorrimi infine (iam nunc) nel momento supremo della mia sventura (lett. nelle mie estreme sventure), risolleva il mio destino in miseria e concedi una tregua e la pace ai casi crudeli che ho patito; vi sia un termine alle (lett. delle) mie sofferenze, vi sia un termine ai pericoli. Fa’ sparire il volto orrendo della bestia (lett. del quadrupede = dell’asino), restituiscimi alla vista dei miei (cari), restituiscimi al Lucio che sono, e se un dio offeso mi perseguita con crudeltà implacabile, mi sia almeno concesso di morire, se non mi è concesso vivere».

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