Premure di un amico - Studentville

Premure di un amico

Cicero Tironi suo sal(utem) plur(imam) dic(it).
Ante diem V Kalendas Decembres servus Cn. Plancii Brundisii tandem aliquando mihi a te exspectatissimas litteras reddidit datas Idibus Novembribus, quae me molestia valde levaverunt. Utinam omnino levavissent! Sed tamen Asclapo medicus plane confirmat propediem te valentem fore. Nunc ego te hortor ut omnem diligentiam adhibeas ad convalescendum. Tuam prudentiam, temperantiam, amorem erga me novi; scio te omnia facturum esse, ut nobiscum quam primum sis; sed tamen ita velim ne properes. Reliquum est ut te hoc rogem et a te petam ne temere naviges (solent nautae festinare quaestus sui causa). Cautus sis, mi Tiro: mare magnum et difficile tibi restat, maxima ergo prudentia tibi opus est. Vale et salve.

Versione tradotta

Cicerone saluta calorosamente il caro Tirone.
Il 27 novembre (lett. il quinto giorno prima delle calende di dicembre) un servo di Gneo Plancio mi ha infine recapitato una buona volta la tua (a te) attesissima lettera, consegnata il 13 novembre (alle idi di novembre), che mi ha molto sollevato dalla preoccupazione. Magari mi avesse sollevato del tutto! E tuttavia il medico Asclapone conferma con certezza che starai bene (valentem fore) a breve. Ora, dunque, ti esorto a dedicare ogni cura nel rimetterti in salute. Conosco la tua avvedutezza, la (tua) moderazione, il tuo affetto verso di me; so che farai di tutto (omnia: tutte le cose) per essere con me al più presto; e tuttavia vorrei che non ti affrettassi. Mi rimane solo da chiederti e pregarti di non metterti per mare avventatamente (i marinai sono soliti affrettarsi per guadagnare [quaestus sui causa: per il proprio profitto]). Sii cauto, caro Tirone: devi affrontare (lett. ti resta) un mare vasto e pericoloso, per cui ti è necessaria la massima prudenza. Arrivederci e stammi bene.

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