Redeo nunc ad te, Caeli, vicissim ac mihi auctoritatem patriam severitatemque suscipio. Sed dubito, quem
patrem potissimum sumam, Caecilianumne aliquem vehementem atque durum:
Nunc enim demum mi animus ardet, nunc meum
cor
cumulatur ira
aut illum:
O infelix, o sceleste
Ferrei sunt isti patres:
Egon quid dicam, quld velim? quae
tu omnia
Tuis foedis factis facis ut nequiquam velim,
vix ferendi. Diceret talis pater: “Cur te in istam vicinitatem
meretriciam contulisti? cur illecebris cognitis non refugisti?
Cur alienam ullam mulierem nosti? Dide ac disice;
Per me
tibi licet. Si egebis, tibi dolebit, non mihi.
Mihi sat est qui aetatis quod relicuom est oblectem meae.”
Versione tradotta
Ora torno da te, Celio, a mia volta mi assumo l'autorità e la severità di padre. Ma non so quale padre è il migliore,
se quello Ceciliano severo e duro: 'Adesso il mio animo avvampa, adesso il mio cuore è colmo d'ira' o quello 'O
infelice, o delinquente!'
Questi padri sono proprio di ferro: 'Ed io cosa posso dire? Cosa posso volere? Tu che con le
tue orribili azioni rendi inutile tutto ciò che vorrei'si sopportano a fatica Un tale padre potrebbe dire: 'Perché ti sei
trasferito vicino a questa meretrice? Perché non hai evitato conoscenze illecite? Perché hai fatto conoscenza con la donna di
un altro? Spendi e spandi, per me puoi farlo.
Se rimani senza soldi peggio per te. A me basta spassarmela per il resto della
mia vita.
- Letteratura Latina
- Pro Caelio di Cicerone
- Cicerone