Gorgia e Protagora sono accomunati dalla convinzione che non vi sia verità alcuna e che, in assenza di essa, la parola possa tutto. Tuttavia, se per Protagora ogni cosa è vera, per Gorgia, invece, ogni cosa è falsa. Con l'espressione "l'uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono, e di quelle che non sono in quanto non sono" Protagora intende appunto sottolineare l'assoluta relatività della verità, facendo notare come ciascuno veda le cose alla sua maniera e in modo diverso rispetto agli altri: se io dico che una bevanda è dolce ed un altro dice che è amara, chi ha ragione dei due? Bisognerebbe avere un parametro che dica la verità, il che è impossibile; si può magari chiedere il parere di un'altra persona, ma anche questo è un parere personale, privo di validità universale.
Tuttavia, se in assenza di una verità si può dire che tutto è vero (come fa Protagora) o che tutto è falso (come fa Gorgia), nasce un'aporia, sottolineata già da Platone: egli obietta a Protagora che, se tutte le opinioni sono vere, è vera anche l'opinione che sostiene che non tutte le opinioni sono vere e, di qui, anche quella che sostiene che la tesi di Protagora è falsa; allo stesso modo, se tutte le opinioni sono false, allora anche l'opinione di Gorgia, secondo cui tutto è falso, è falsa.
A supportare le tesi di Platone è il suo allievo Aristotele, il quale fa notare che con i sofisti, a rigor di logica, non si può neppure discutere perchè, sostenendo che tutto sia vero o che tutto sia falso, nel momento stesso in cui un sofista discute, smonta le sue stesse tesi perchè in un certo senso ammette la distinzione tra vero e falso, la possibilità dell'errore: se infatti ci fosse solo il vero o il falso, nota Aristotele, che motivo ci sarebbe di discutere?
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