Popper ò stato senzâombra di dubbio uno dei più grandi filosofi del Novecento. Il suo primo bersaglio polemico (e quello che gli diede la fama) fu il Positivismo o, meglio, le pretese dei Neopositivisti (come Schlick, Neurath, Carnap, ecc) di considerare valido solo quel che ò verificabile con l’esperienza. Inoltre, contro la loro riduzione dei problemi filosofici a problemi concernenti l’uso linguistico dei termini adoperati, Popper afferma che ” dobbiamo smetterla di preoccuparci delle parole e dei loro significati, per preoccuparci invece delle teorie criticabili, dei ragionamenti e della loro validità “. In poche parole, non ci fu questione toccata dai Neopositivisti o Neoempiristi su cui Popper non la pensasse diversamente. Ma egli si occupò anche di politica e di molti altri problemi, su cui espresse sempre la sua originale opinione. Nella Logica della scoperta scientifica (1° edizione 1934), egli ritiene di aver risolto un problema filosofico fondamentale, quello della induzione (il passaggio dal particolare al generale) e lo ha risolto dissolvendolo: ” L’induzione non esiste, e la concezione opposta ò un errore bell’e buono “. L’induzione si intende in due modi: induzione per enumerazione o ripetitiva ed induzione per eliminazione. Entrambi i tipi per Popper non sono validi. La prima consiste di osservazioni spesso ripetute, le quali dovrebbero fondare qualche generalizzazione della teoria. Ma la mancanza di validità di tale genere di ragionamento ò ovvia: nessun numero di osservazioni di cigni riesce a stabilire che tutti i cigni sono bianchi o che la probabilità di trovare un cigno che non sia bianco ò piccola. Dunque l’induzione per enumerazione ò fuori causa: non può fondare nulla. D’altro canto, l’induzione eliminatoria si fonda sul metodo della eliminazione o confutazione delle teorie false. Bacone e Stuart Mill, asserisce Popper, credevano che, eliminando tutte le teorie false, si potesse far valere la teoria vera. Ma non si rendevano conto che il numero delle teorie rivali ò infinito anche se, di regola, in ogni momento particolare possiamo prendere in considerazione un numero finito di teorie. Dunque l’induzione non esiste ed ò un errore pensare che la scienza empirica proceda con metodi induttivi. Di solito si afferma che una inferenza ò induttiva quando procede da asserzioni singolari (quali i resoconti dei risultati di osservazioni o di esperimenti) ad affermazioni universali, quali ipotesi o teorie. Senonchè, dice Popper, ” da un punto di vista logico, ò tutt’altro che ovvio che si sia giustificati nell’inferire asserzioni universali da asserzioni singolari, per quanto numerose siano queste ultime; infatti qualsiasi conclusione tratta in questo modo può sempre rivelarsi falsa; per quanto numerosi siano i casi di cigni bianchi che possiamo aver osservato, ciò non giustifica la conclusione che tutti i cigni sono bianchi “. Il non aver mai visto cigni non-bianchi ha portato lâuomo ad effettuare unâinduzione, a sostenere che tutti i cigni fossero bianchi, ma ci si ò accorti che esistevano anche, nei Paesi orientali, cigni neri! Connessa alla teoria dell’induzione, vi ò secondo Popper l’altra idea per cui la mente del ricercatore dovrebbe essere una mente priva di presupposti, di ipotesi, di sospetti e di problemi, insomma una tabula rasa su cui verrebbe poi a rispecchiarsi il libro della natura. Questa idea ò chiamata da Popper osservativismo ed ò secondo Popper un mito. La realtà ò che noi siamo invece una tabula plena dei segni che la tradizione e l’evoluzione culturale ci ha lasciato. L’osservazione ò sempre orientata da aspettazioni teoriche: in altri termini, allo scopo di osservare, dobbiamo avere in mente una questione ben definita; un esperimento o prova presuppone sempre qualcosa da sperimentare o provare. E questo qualcosa sono le ipotesi o congetture o idee o teorie che si inventano per risolvere i problemi. La mente purgata da pregiudizi non ò, dice Popper, una mente pura: essa sarà soltanto una mente vuota. Noi operiamo sempre con teorie, anche se spesso non ne siamo consapevoli. Ma allora, ha validità la ricerca scientifica? Certo che ne ha, ma deve essere intesa in senso corretto. Per Popper la ricerca non parte da osservazioni ma da problemi: ” da problemi pratici o da una teoria che si ò imbattuta in difficoltà : che cioò ha fatto nascere aspettazioni e poi le ha deluse “. E per risolvere i problemi occorre l’immaginazione creatrice di ipotesi o congetture; c’ò bisogno di creatività , della creazione di idee “nuove e buone”, buone alla soluzione del problema. Ed ò qui necessario tracciare una distinzione (su cui Popper insiste spesso) tra contesto della scoperta e contesto della giustificazione. Una cosa ò la genesi delle idee; un’altra ò la loro prova. Le idee scientifiche non hanno fonti privilegiate: possono scaturire dal mito, da metafisiche, dal sogno, dall’ebbrezza, ecc. Ma quel che importa ò che esse vengano provate di fatto. Ed ò ovvio che, allo scopo di esser provate di fatto, le teorie scientifiche debbano essere provabili o controllabili di principio. Da questo si vede che una teoria deve essere falsificabile, deve essere cioò tale che da essa siano estraibili conseguenze che possono venir confutate, cioò falsificate dai fatti. Se infatti da una teorie non ò possibile estrarre conseguenze possibili di controllo fattuale, essa non ò scientifica. Si badi inoltre che, per quante conferme una teoria possa aver avuto, essa non ò mai certa e definitiva, in quanto il prossimo controllo potrebbe smentire la teoria. In effetti, esiste una asimmetria logica tra la verificazione e la falsificazione: miliardi di conferme non rendono certa una teoria (quale ad esempio “tutti i pezzi di legno galleggiano in acqua”) mentre un solo fatto negativo falsifica, dal punto di vista logico, la teoria (âquesto pezzo di ebano non galleggia”). E’ su questa asimmetria che Popper innesta il suo principio metodologico della falsificabilità : siccome una teoria, per quanto confermata, resta sempre smentibile, allora bisogna tentare di falsificarla, perchè prima si trova un errore e prima lo si potrà eliminare con l’invenzione e la prova di una teoria migliore di quella precedente. ” Da un sistema scientifico non esigerò che sia capace di essere scelto, in senso positivo, una volta per tutte; ma esigerò che la sua forma logica sia tale che possa essere messo in evidenza, per mezzo di controlli empirici, in senso negativo: un sistema empirico deve poter essere confutato dall’esperienza “, dice Popper. Il criterio di falsificabilità non vuole essere un criterio di significanza come il principio di verificazione dei Neopositivisti (per i quali ò valido ed ha senso solo quel che ò verificabile, altrimenti non ha appunto senso e quindi non ò accettabile) ma soltanto di demarcazione tra asserzioni empiriche e asserzioni che empiriche non sono. Inoltre dire di un asserto che non ò scientifico non implica affatto che esso sia insensato. Anzi, ” non si può negare che, accanto alle idee metafisiche che hanno ostacolato il cammino della scienza, ce ne sono state altre che ne hanno aiutato il progresso. E guardando alla questione dal punto di vista psicologico, sono propenso a ritenere che la scoperta scientifica ò impossibile senza la fede in idee che hanno una natura puramente speculativa, e che talvolta sono addirittura piuttosto nebulose; fede, questa, che ò completamente priva di garanzie dal punto di vista della scienza e che, pertanto, entro questi limiti ò ‘metafisica’ “. Dunque anche dal punto di vista psicologico la ricerca ò impossibile senza idee metafisiche, quali potrebbero essere, ad esempio, le idee di realismo, di ordine dell’universo o di causalità . Da un punto di vista storico vediamo poi che ” talvolta idee che prima fluttuavano nelle regioni metafisiche più alte possono essere raggiunte dall’accrescersi della scienza e, venute così in contatto con essa, depositarsi [â¦] Tutti questi concetti e queste idee metafisiche sono state d’aiuto, anche nelle loro forme più primitive, nel portare ordine nell’immagine che l’uomo si fa del mondo e, in alcuni casi, possono aver portato a predizioni dotate di successo “. Tornando alle idee metafisiche, dobbiamo comunque badare che tali teorie, sebbene empiricamente inconfutabili, possano essere criticabili. Criticabili proprio perchè esse non sono asserzioni isolate, ma sono collegate, si basano, presuppongono o sono incompatibili con altre teorie o situazioni problematiche. Questo ò quanto già facevano i primi filosofi greci che, ammettendo l’acqua o l’aria o altro come elemento primordiale, formulavano congetture che venivano confutate o corrette dai filosofi posteriori. Ecco il senso della affermazione apparentemente paradossale di Popper quando dice: ” Torniamo ai Presocratici! “, intendendo che la discussione critica ò l’unico fondamento e l’unica molla della ricerca. Popper fu anche famoso per le sue aspre critiche a marxismo, psicoanalisi e storicismo. La critica di fondo a queste teorie da parte di Popper ò quella di essere organizzate in modo tale da sfuggire al rischio della falsificazione; esse sono dottrine onni-esplicative e a “maglie larghe” ossia non suscettibili di sufficiente falsificabilità oppure dirette a “parare” le prove di falsificabilità con continue “ipotesi di salvataggio”. Popper ribadisce invece che una teoria che non può venir confutata da nessun evento concepibile non ò scientifica. L’inconfutabilità di una teoria non ò affatto per Popper una virtù bensì un vizio. Per quanto riguarda poi lo storicismo, egli specifica che per ” storicismo ” intende tutte quelle teorie che hanno preteso di cogliere il senso globale, oggettivo della storia, ovvero una sorta di destino cui gli individui dovrebbero uniformarsi, accettando la direzione di marcia della società , in tal modo svelata o profetizzata (vedi ad esempio Esiodo, Platone, Comte, Stuart Mill, Hegel, Marx, ecc. ). Popper ritiene invece che non esista un senso della storia precostituito rispetto alle interpretazioni e alle decisioni umane poichè la storia assume il senso che gli uomini le danno. Nè la natura nè la storia possono dirci che cosa dobbiamo fare, essendo noi stessi ad introdurre finalità e significato nella natura e nella storia. Popper rifiuta anche la pretesa di voler parlare ad ogni costo della totalità della storia perchè ci si dimentica che, se desideriamo studiare qualcosa, siamo costretti a sceglierne alcuni aspetti; la descrizione ò sempre necessariamente selettiva. Inoltre quando lo storicismo crede di poter prevedere il futuro “inevitabile”, dimentica che una previsione, per essere veramente scientifica, deve basarsi su una legge e non su una tendenza; in altre parole, gli storicisti non pongono mente al fatto che la validità delle tendenze, che sono “affermazioni storiche singolari”, presuppone l’indimostrato persistere di certe condizioni iniziali specifiche. In ultimo, Popper ritiene che nello storicismo alberghi una “utopia totalitaria” che porta all’asservimento e alle sofferenze degli uomini. Infatti, se si ritiene che esista un senso o una direzione oggettiva della storia, gli “interpreti ufficiali di essa”, i “portavoce del suo destino” si sentiranno autorizzati a liquidare chiunque si opponga ad esse. Una società aperta ò per Popper quella che ò basata sull’esercizio critico della ragione, una società che non solo tollera ma stimola, all’interno e attraverso le istituzioni democratiche, la libertà dei singoli e dei gruppi, in vista della soluzione dei problemi sociali, cioò in vista di continue riforme. Questo non vuol però dire che il democratico, proprio perchè tale, debba accettare l’ascesa al potere dei totalitari. La domanda da farsi non ò per Popper “Chi deve comandare? ” bensì: “Come ò possibile controllare chi comanda e sostituire i governanti senza spargimento di sangue? “. E’ questa l’impostazione di chi costruisce, perfeziona e difende le istituzioni democratiche a favore della libertà e dei diritti di ognuno e quindi di tutti. L’uguaglianza di fronte alla legge non ò un fatto ma deve essere una istanza politica che riposa su una scelta morale. ” La fede nella ragione, anche nella ragione degli altri, implica l’idea di imparzialità , di tolleranza, di rifiuto di ogni pretesa autoritaria “. Affiora così il tema della libertà , centrale in Popper, il quale, non a caso, può essere considerato uno dei massimi esponenti del liberalismo. âIl liberale ama la tolleranza e la libertà . Il suo amore per la tolleranza ò la necessaria conseguenza della convinzione di essere uomini fallibili. Tuttavia, egli ò tollerante con i tolleranti, ma intollerante con gli intolleranti. La tolleranza, al pari della libertà , non può essere illimitata, altrimenti si autodistrugge. Infatti, la tolleranza illimitata porta alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro l’attacco degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essiâ.
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- Filosofia - 1900