La rivoluzione russa, svoltasi in un paese economicamente retrogrado, in cui il capitalismo non aveva trovato piano sviluppo, sembrava smentire le concezioni gradualistiche e deterministiche del processo storico, dominanti in seno alla socialdemocrazia tedesca. Al recupero del volto autentico del marxismo, in opposizioni a queste concezioni, si mossero nel dopoguerra i maggiori rappresentanti del cosiddetto ‘marxismo occidentale’, tra cui va senz’altro annoverato Gyà¶rgy Lukà cs. Nato nel 1885 a Budapest, da ricca famiglia ebrea, prima della guerra visse a Berlino e Heidelberg, dove entrò in contatto con Simmel e la cerchia di Max Weber, e si occupò soprattutto di estetica e di letteratura, pubblicando in tedesco una raccolta di saggi intitolata L’anima e le forme (1911); tra il 1914 e il 1915 scrisse La teoria del romanzo, pubblicata nel 1920. Durante la guerra si iscrisse al Partito Comunista Ungherese e nel 1919 fu commissario del popolo per l’istruzione nella repubblica dei Consigli ( in russo Soviet. L’esperienza si concluse tragicamente e Lukà cs si rifugiò a Vienna e poi a Berlino, dove stette fino all’avvento del nazismo, svolgendo attività di critico. In questo periodo pubblicò la sua opera più famosa, Storia e coscienza di classe (1923), che fu accusata di idealismo e revisionismo e venne condannata dall’ Internazionale comunista nel 1924. Lukà cs accettò la condanna, ritirò il libro dalla circolazione e nel 1933 si rifugiò a Mosca, dove rimase fino al termine della guerra. Sebbene fosse stato arrestato per qualche settimana durante la guerra, nella sostanza non si oppose al regime stalinista. In seguito tornò in Ungheria dove fu membro del parlamento e professore all’università di Budapest. All’epoca polemizzò contro l’esistenzialismo di Sartre con Esistenzialismo o marxismo? (1948) e pubblicò parecchi scritti da lui composti in gran parte già durante il soggiorno in URSS, tra i quali Il giovane Hegel (1948) e La distruzione della ragione (1954), nonchò opere di estetica e di storia letteraria. Nel 1956, scoppiata la rivolta in Ungheria, entrò a far parte del nuovo governo, presieduto da Imre Nagy, come ministro dell’Istruzione; repressa la rivolta dall’esercito sovietico, fu deportato in Romania ma rientrò nell’aprile del 1957 a Budapest, dove trascorse i suoi ultimi anni scrivendo Estetica (1964) e Ontologia dell’essere sociale, opera incompiuta e pubblicata solo dopo la sua morte, avvenuta nel 1971. Il giovane Lukà cs si forma nel clima dello storicismo, delle filosofie della vita e della rinascita del pensiero di Kierkegaard. Al centro dei saggi, raccolti in L’anima e le forme, è il concetto di vita, come matrice di tutte le manifestazioni umane, la quale tende a tradursi in forme. L’ anima, per la quale non ha valore il mondo nella sua datità e nella sua casualità , è quel che l’uomo può essere: essa permea la vita con la sua aspirazione alla pienezza. Le forme, dotate di senso e giudici dell’esistenza, esprimono le modalità del rapporto tra l’anima e l’assoluto, che essa cerca di raggiungere nella vita come nella letteratura, nell’arte e nella filosofia. Richiamandosi a Kierkegaard, Lukà cs considera però l’esistenza segnata dal limite di voler attingere l’assoluto, che è infinito, tramite determinazioni finite: essa è dunque irrimediabilmente votata allo scacco. In questa situazione, l’unica forma autentica di vita diventa quella tragica, consapevole della negatività della vita. Nella Teoria del romanzo emerge invece in primo piano l’influenza di Hegel, soprattutto della Fenomenologia dello spirito, per il tentativo di ravvisare una corrispondenza tra mondi storici diversi e diverse espressioni letterarie di essi. Per Lukà cs il mondo greco costituisce una totalità spontanea, non divisa al suo interno, e ha le sue espressioni nell’epos, che configura ‘ una totalità di vita conchiusa in se stessa ‘, una forma compiuta in cui essere e destino, esistenza ed essenza appaiono identici. I moderni invece hanno scoperto la produttività dello spirito e la creazione delle forme, cosicchò avvertono sempre la mancanza di un ultimo compimento e per loro non è più possibile una totalità spontanea immediata. Di qui scaturisce la scissione e l’opposizione tra interno ed esterno, fra io e mondo, tra essenza ed esistenza, la quale non incorpora più in sò l’essenza e la totalità nella sua immediatezza, ma è protesa alla ricerca della totalità , di quel che deve essere. Il romanzo è l’espressione più tipica di questa situazione: esso, afferma Lukà cs, ‘ è l’epopea di un’epoca per la quale la totalità estensiva della vita non è più data immediatamente, per la quale l’immanenza del senso della vita è diventata problematica, ma che, cionondimeno, anela alla totalità ‘. Il suo oggetto è dunque un individuo problematico, in viaggio per conoscere se stesso e ritrovare la propria essenza tramite l’avventura. Nel sottolineare il carattere di incompiutezza di questa ricerca e l’assenza di una conciliazione finale, Lukà cs si allontana da Hegel e torna ad accostarsi a Kierkegaard. La forma di romanzo che più sembra portare verso la conciliazione dell’individuo con la realtà ha, per Lukà cs, la sua manifestazione paradigmatica negli Anni di noviziato di Wilhelm Meister di Goethe, ma a suo avviso l’arte non potrà mai guidare all’apparizione dell’uomo come uomo, come totalità non disgiunta. E lo stesso si può dire per la filosofia, che è sempre sintomo del divario tra interno ed esterno, io e mondo, cosicchò Lukà cs può far propria una citazione tratta da Novalis, secondo cui ‘ la filosofia è propriamente nostalgia, desiderio di sentirsi ovunque a casa propria ‘. Nel marxismo, cui aderì negli anni della guerra, Lukà cs rinviene l’indicazione della strada tramite la quale gli uomini potranno riconquistare la pienezza della loro essenza. Si tratta però di ritrovare il vero Marx, contro i fraintendimenti positivistici, deterministici e materialistici che tendevano ad applicare alla storia i metodi impiegati nelle scienze naturali. A questo Lukà cs provvede con gli 8 saggi, scritti intorno al 1919 e 1922, raccolti in Storia e coscienza di classe. Il nucleo del marxismo autentico è rintracciabile per Lukà cs nella dialettica, concepita come metodo di interpretazione e trasformazione della storia. Lukà cs riprende da Engels la distinzione tra metodo e sistema nella filosofia di Hegel: mentre il sistema è conservatore, la dialettica è rivoluzionaria e rappresenta la continuità di metodo tra Hegel e Marx. Il suo ambito di applicazione però non è anche la natura, come credevano Engels e i marxisti di stampo positivistico e materialistico, ma è solo la storia. Sotto questo profilo, Lukà cs fa propria la distinzione corrente, nello storicismo tedesco, tra scienze della natura e scienze dello spirito. Per comprendere il significato di ciascun fenomeno storico, bisogna riportarlo, come già aveva detto Hegel, alla totalità del processo di cui fa parte: in questo modo si può cogliere la sua funzione nello sviluppo generale della storia; il metodo dialettico si differenzia dunque radicalmente dal metodo analitico usato nelle scienze naturali, le quali assumono i fatti come entità isolate e astrattamente contrapposte: la contraddizione, invece, appartiene alla realtà e non è il segno che la realtà non è stata adeguatamente compresa. A differenza di Hegel, però, Marx è del parere che il processo storico sia non lo spirito, ma l’uomo come essere sociale, cosicchò ogni evento storico va interpretato nella forma di oggettività che lo qualifica, cioò in relazione all’insieme dei rapporti sociali che lo caratterizzano. Il processo storico è dunque una successione di forme di oggettività , cioò di cangiamenti nei rapporti sociali; tipico del capitalismo, come aveva capito Weber, è l’estensione a tutti i settori della vita sociale, non solo economica, della razionalizzazione, del calcolo e della previsione del profitto. Questo dà luogo a quella che Lukà cs definisce reificazione, cioò alla riduzione dei rapporti sociali e dell’esistenza umana a cose: il lavoro è ridotto a merce e gli individui sono privati della loro essenza e trasformati in oggetti di scambio. Si tratta essenzialmente di quella che Marx aveva chiamato ‘alienazione’; espressione ideologica di essa è il pensiero reificato, quale si manifesta nella scienza stessa tramite la distinzione fra soggetto e oggetto e la loro riduzione ad entità statiche, contrapposte. Solo nel capitalismo è possibile, per Lukà cs, il sorgere di una coscienza di classe, cioò la consapevolezza del fondamento economico della storia. Essa non è l’insieme degli atteggiamenti o delle reazioni psicologiche di un gruppo di individui di fronte ai loro interessi, ma è il riconoscimento della propria situazione storica di classe in relazione alla totalità del processo storico; la borghesia però, condizionata dai propri interessi di classe, non è capace di rendersi conto dei caratteri costitutivi del proprio sistema economico-sociale, cosicchò la sua dimensione ideologica fondamentale è la falsa coscienza, cioò una coscienza erronea o inadeguata della propria condizione di classe. La coscienza di classe del proletariato è invece caratterizzata da ‘ un’ intenzione verso la verità ‘, cioò da una considerazione dialettica della propria situazione rispetto alla totalità del processo storico, che Lukà cs, sulle orme di Weber, chiama totalità concreta. Questa presa di coscienza si costituisce lentamente per via dei condizionamenti della struttura sociale messa in piedi dalla borghesia; essa, però, è la coscienza della direzione reale e necessaria del processo storico e del compito che entro questo processo spetta al proletariato, di realizzare una società priva di classi. La coscienza di classe è dunque l’estrinsecarsi di quel che è storicamente necessario e che per attuarsi richiede la presa di coscienza da parte del proletariato della propria situazione. In questo senso, essa non è un semplice riflesso meccanico della struttura economica, ma è piuttosto elemento attivo e dinamico in relazione dialettica con tale struttura e, pertanto, è indispensabile per la prassi rivoluzionaria, cioò per favorire la trasformazione consapevole della situazione storico-sociale in conformità alle linee oggettive di sviluppo del processo storico. Sotto questa luce, il materialismo storico rappresenta un momento essenziale nel processo di acquisizione della coscienza di classe da parte del proletariato e il metodo scientifico appropriato per la lotta contro l’ideologia borghese. Così Lukà cs rivendica la dimensione filosofica del marxismo e attribuisce alla teoria, in grado di indicare la direzione del processo storico, una funzione indispensabile all’interno della prassi vera e propria. Nel 1923, anno in cui compariva Storia e coscienza di classe, veniva anche pubblicato Marxismo e filosofia di Karl Korsch, anch’esso in aspra polemica contro il materialismo naturalistico che, riportando in auge il dualismo tra soggetto e oggetto, costituiva una regressione rispetto a Marx e, soprattutto, rispetto ad Hegel. Anche per Korsch si trattava di ritrovare, in opposizione alle tendenze riformiste, la dimensione rivoluzionaria del marxismo; questo era attuabile solo tramite un recupero dell’inscindibilità di teoria e prassi e, quindi, della centralità della dialettica. Le tesi di Lukà cs e Korsch furono accusate di idealismo e soggettivismo, per l’eccessivo rilievo dato alla coscienza di classe rispetto al cammino oggettivo della storia, e condannate duramente dall’ Internazionale Comunista. Esse, tra l’altro, erano in contrasto con il materialismo dialettico (il cosiddetto diamat ), che sarebbe divenuto la dottrina ufficiale dell’epoca di Stalin. Per esso la dialettica è una teoria generale della realtà , non solo della storia: la realtà è materia e la materia è fornita di movimento, che è contradditorio, ossia comporta al tempo stesso essere e non essere, cosicchò la realtà stessa è contradditoria e la dialettica è il metodo in grado di carpire tali contraddizioni. Sotto il duro regime di Stalin una concezione teorica così monolitica era richiesta per garantire l’unità del movimento comunista: alla cultura era demandato il compito di organizzare il consenso intorno alla linea del partito e ogni dissenso doveva essere fatto sparire. Korsch non fece autocritica, fu espulso nel 1926 dal Partito Comunista tedesco e, proprio perchò favorevole all’autogestione e ai consigli operai, oltre che alle concezioni spontaneistiche dell’azione rivoluzionaria, condusse un’opposizione allo stalinismo, finchò nel 1936 emigrò negli USA, dove avrebbe sviluppato, in Karl Marx, un’interpretazione del marxismo come scienza critico-empirica, basata sull’osservazione, sulla sperimentazione e sulla consapevolezza del carattere storico della scienza e del marxismo stesso. Lukà cs, invece, accettò la condanna, fece autocritica e riconobbe la centralità del Partito Comunista; andato a Mosca nel 1930, grazie ad una borsa di studio, potò conoscere i Manoscritti economico-filosofici del 1844 di Marx e rendersi conto di aver preso un grosso granchio in Storia e coscienza di classe: infatti Lukà cs aveva identificato oggettivazione e alienazione e aveva pensato che la disalienazione implicasse il superamento dell’oggettivazione. Marx invece spiegava nei Manoscritti che l’oggettivazione è costitutiva del rapporto dell’uomo con la natura ed è pertanto ineliminabile, mente l’alienazione è specifica della società capitalistica e pertanto è eliminabile. Per Lukà cs si trattava di ricominciare da principio, continuando a tener salda la categoria di totalità , ma senza accentuare troppo il peso del momento soggettivo della prassi rivoluzionaria rispetto al condizionamento oggettivo della base economica; anche per questo aspetto però egli non rinunciava alla linea di continuità tra Hegel e Marx; anzi, Lukà cs scopriva nel giovane Hegel un’anticipazione del giovane Marx, proprio per l’attenzione prestata alle contraddizioni della realtà economico-sociale. Per via dell’arretratezza di tale realtà , però, Hegel aveva sviluppato le sue riflessioni in modo idealistico, cioò ideologico, ad esempio teorizzando il primato dello Stato rispetto alla società civile. In ogni caso, però, come egli mostrava nell’opera Il giovane Hegel, la filosofia hegeliana non era riducibile ad una filosofia mistica e romantica; lungo questa linea regressiva, antidialettica e antirazionalistica, era invece preceduta la cultura borghese da Schelling a Nietzsche, fino a culminare nel Nazismo, come Lukà cs cercava di ricostruire nell’altra sua opera, La distruzione della ragione. Negli ultimi anni Lukà cs provò ad interpretare il marxismo non solo come analisi di una determinata formazione economico-sociale, ma anche come una teoria generale della realtà , cioò come una vera e propria ontologia basata sul metodo genetico-dialettico: egli intese l’essere come una struttura unitaria stratificata in 3 piani (inorganico, organico e sociale) dove ciascuno strato superiore non è riducibile all’inferiore, ma è in costante interazione dialettica con esso. Su questo sfondo, l’uomo appare come un essere biologico sociale, per il quale il lavoro è la forma originaria del rapporto con la natura e il modello della prassi sociale. Molto spazio Lukà cs dedicò, anche durante il suo soggiorno in URSS e nel dopoguerra, alla costruzione di un’ estetica marxista; la scienza e l’arte sono tutte e due forme di rispecchiamento della realtà : nella scienza la realtà è rispecchiata nei suoi tratti universali, mentre nell’arte quel che viene colto è il tipico, cioò l’universale presente nel particolare. Ciascuna arte tende infatti a cogliere nel particolare il tipico, cioò a fornire una rappresentazione vera della realtà tramite immagini sensibili elaborate con gli strumenti specifici di ciascuna. L’arte è dunque più vicina alla vita di quanto non lo sia la scienza, ma non va confusa con la riproduzione fotografica della realtà nella sua singolarità : questa è tipica del naturalismo, che Lukà cs condanna rispetto alla vera e propria arte, la quale è sempre realismo. Cogliendo il tipico, l’arte, che trova le sue massime espressioni per Lukà cs in Shakespeare, Goethe, Balzac, Tolstoi e Mann, individua il nucleo più profondo di un’epoca storica, cioò le sue contraddizioni e le sue linee di sviluppo; in questo senso, essa è sempre partitica, prende cioò posizione rispetto alla realtà , ma in modo mediato, tramite la rappresentazione delle parti della realtà nel loro sviluppo. E proprio questo non riescono a fare, agli occhi di Lukà cs, l’arte decadente e le varie forme di avanguardia artistica; ma questo non vuol dire che il valore di un’opera d’arte sia ricavabile meccanicamente, come invece si propone di fare il ‘realismo socialista’, dalle concezioni politiche esplicite di uno scrittore, cioò che l’arte sia riducibile a propaganda politica; in realtà , anche uno scrittore politicamente reazionario (Balzac) può per Lukà cs fornire una rappresentazione vera e quindi artistica della realtà nelle sue contraddizioni storico-sociali.
- 1900
- Filosofia - 1900