Ricompense e punizioni - Studentville

Ricompense e punizioni

All’indomani di una battaglia vittoriosa, il comandante, salutato imperator dalla truppa, falcava suonare dai trombettieri l’”adunata”. Tutti gli ufficiali e i sottoufficiali e quanti più era possibile dei soldati si pigiavano dinanzi al praetorium; là il comandante, salito su di un alto podio (tribunal, suggestus), rievocava gli episodi della mischia fortunata, elogiava la truppa per il valore e la disciplina con cui aveva combattuto, si rallegrava con gli ufficiali per la loro intelligenza e la loro perizia. Quindi annunziava le ricompense; oltre le ricompense materiali – la parte spettante a ciascuno del bottino di guerra, somme di denaro e aumenti di paga per singoli atti di valore o per coraggioso comportamento collettivo di interi manipoli o di coorti – annunziava quei premi onorifici, ai quali tenevano più i soldati romani (e non si pensi che questo sia detto per retorica: è una verità attestata dalle epigrafi di età imperiale): tali il dono di un’hasta pura, cioè di una lancia simbolica, mancante della punta di ferro; braccialetti a catena d’argento o d’oro; collane e medaglioni, pure di bronzo o d’oro, da portarsi sopra la corazza; e per gli ufficiali, corone di varia specie, alcune delle quali potevano essere però assegnate anche a semplici soldati, come la corono civica a chi avesse, in battaglia, salvato la vita ad un cittadino romani, e la corona murale per coloro che per primi avessero scalato le mura della città nemica, e la corona vallare per chi avesse per primo superato l’aggere di un campo fortificato.
Ma il duce, che aveva ricevuto ormai i rapporti di tutti i comandati delle legioni e delle coorti, non scioglieva l’adunanza senza aver prima dato annunzio delle punizioni più gravi inflitte ai soldati colpevoli di grosse mancanze. Più grave di tutto era quella della sentinella che si fosse addormentata o avesse abbandonato il posto assegnatole: il colpevole veniva immediatamente giudicato e condannato a morte da un tribunale formato dai tribuni; la pena era inflitta dagli stessi commilitoni del reo, che lo uccidevano a colpi di bastone e di sassi. Per casi più leggere di insubordinazione, si applicava la fustigazione semplice; ai rei di codardia era inflitta la privazione della paga o del bottino di guerra, oltre alla cancellazione della campagna in corso dal computo di quelle fatte fino allora: pena, questa, che si applicava collettiva,ente anche ad una coorte o ad una legione intera. Per piccole mancanze si applicavano varie pene, considerate ignominiose, come il servizio di guardia senza divisa militare o a piedi nudi; l’esercitazione per l’addestramento con addosso tutto il bagaglio; la razione di pane d’orzo invece che di frumento; la privazione della armi per un periodo di tempo indeterminato. Le pene disciplinari erano inflitte ai legionari dai tribuni militari, ai soldati alleati dai loro rispettivi comandanti; il comandate capo esaminava solo le colpe commesse dagli ufficiali e, in genere, quelle per le quali era comminata la pena di morte.

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