Il periodo che va dalla metà dell’XI a tutto il XII secolo è detto “romanico”, per indicare l’architettura europea, intendendo sottolinearne le affinità con il metodo costruttivo romano e i legami con l’affermazione delle lingue e delle letterature romanze.
Il termine "romanico" è ancora usato per definire le caratteristiche e i limiti cronologici di uno stile che si diffuse in gran parte dell’Europa e che interessò soprattutto l’architettura religiosa. Rispetto agli esempi paleocristiani le chiese mutano forma: diminuisce il numero di fedeli, aumentano le funzioni religiose che rendono necessari più altari, il che comporta una modifica della planimetria dell’edificio che si arricchisce di cappelle e di absidiole.
La cattedrale
L’interno della cattedrale, monumento romanico per eccellenza, è articolato su tre livelli:
- navate
- cripta
- presbiterio
Una fondamentale funzione portante è svolta dalla massiccia e pesante muratura che all’esterno è alleggerita da frequentissime decorazioni. Molto diffusi sono il rosone e il campanile.
Le sculture romaniche
Grande ricchezza di forme presentano le sculture, subordinate all’architettura, che presentano una grande varietà di temi iconografici comprendendo motivi vegetali, mostri, animali fantastici, figure umane.
Basilica di Sant’Ambrogio
Nella valle padana, in Lombardia in particolare, il romanico si afferma precocemente, non soltanto nelle città ma anche nei paesi di campagna. La basilica milanese di Sant’Ambrogio assomma in sé tutte le caratteristiche dell’architettura romanica, di cui può essere considerata la chiesa-madre.
La basilica sorge nel luogo di una precedente basilica fondata da sant’Ambrogio nel IV secolo, della quale rispetta la pianta: tre navate absidate senza transetto, con un quadriportico antistante. Varcato l’ingresso sono visibile tre zone distinte: le navate, la cripta dove stanno le reliquie dei santi e il coro, dove i monaci cantano gli inni.
Il materiale non è ricco, prezioso, ma è povero: pietra, mattone, intonaco. La materia non è più considerata simbolo del peccato, ma del lavoro umano. La maggior fonte di illuminazione è offerta dai finestroni della facciata, anteriore, lasciando in ombra quella posteriore.
Cattedrale di Modena
Autore del Duomo di Modena fu Lanfranco (secoli XI-XII). Egli crea un’opera completamente originale. La facciata della cattedrale di Modena, con tetto a due spioventi, segue l’altezza diversa delle navate. Insieme alla facciata l’intero corpo della fabbrica, compresa la torre campanaria, è una struttura volumetrica, da intendersi come una enorme scultura articolata nello spazio cittadino. Alla stessa concezione plastica si ispira anche l’interno, che Lanfranco aveva coperto con tetto a capriate. Il ritmo delle arcate è interrotto dalla robusta sporgenza degli alti pilastri, che sostenevano gli archi trasversali mediante i quali si interrompeva la continuità dello spazio.
L’opera di Lanfranco servirà da modello per molte cattedrali emiliane. Infatti, poiché il rovinoso terremoto del 1117, che danneggiò molte chiese della valle padana, lasciò fortunatamente indenne il Duomo di Modena, ad esso si ispirarono, parzialmente gli architetti che costruirono o ricostruirono importanti edifici, come le cattedrali di Ferrara, di Piacenza, di Parma.
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