La riflessione filosofica di Rudolf Otto (1896-1937), professore di teologia protestante prima a Gottinga e poi a Breslavia e Marburgo, si colloca all’ interno della “scuola fenomenologica” (sia pur con consistenti margini di autonomia di pensiero), fondata da Edmund Husserl e che annovera tra i propri maggiori esponenti Max Scheler e Nicolaj Hartmann. La sua opera del 1917 intitolata ” Il sacro ” esprime infatti una posizione di matrice fenomenologica riguardo alla tematica religiosa e venne per questo lodata dallo stesso Husserl, malgrado il suo autore non fosse propriamente un filosofo nò propriamente un fenomenologo in senso stretto. Nonostante la lieve “eterodossia” rispetto alla lettera del programma della scuola husserliana- divergenza che si esplica sostanzialmente in una parziale continuazione di temi kantiani , rigettati dai fenomenologi- ” Il sacro ” viene comunque a costituire un saggio di analisi volta a indagare l’ essenza autonoma del fatto religioso sulla base tanto dell’osservazione della coscienza religiosa individuale quanto dell’ imporsi oggettivo del suo manifestarsi, attuando nello studio di quest’ultima dimensione quel ” ritorno alle cose stesse ” nella loro datità originaria propugnato dalla fenomenologia ortodossa. La religione, per Otto, ” comincia con se stessa “, non ò un che di derivato che possa essere compreso a partire da qualcos’altro: bisogna perciò indagare su ” ciò che ne costituisce l’intima essenza “. Questo ò un punto cruciale: il momento centrale e costitutivo dell’esperienza religiosa viene rintracciato nella categoria del sacro , riconosciuto come ” ciò senza cui la religione stessa, ogni religione, non sarebbe “: si tratta di una categoria estremamente complessa e ricca di sfumature, in cui, accanto ad elementi razionali di spiegazione concettuale e metafisica (fondamentali affinchò la teologia non sia destituita di senso), si profilano anche elementi irrazionali, ineffabili e incomprensibili, concernenti il concreto vissuto religioso della coscienza individuale. Tali elementi si compendiano nella categoria, specifica, caratterizzante e irreducibile razionalmente, del numinosum , che si presenta come un dato fondamentale e originale, inesprimibile attraverso l’apparato concettuale consolidato della ragione e dell’etica: in quanto dotato di tali caratteristiche, esso non ò immediatamente descrivibile concettualmente, ma va avvicinato a piccoli passi, in particolare attraverso gli effetti che suscita nella coscienza individuale. In primo luogo, il numinoso si riflette e si esplica nella coscienza individuale nel sentimento di sò come sentimento creaturale (già trattato da Schleiermacher come “sentimento di dipendenza”), di debolezza, impotenza e nullità di fronte all’ infinità del tutto. Volendo addurre una testimonianza veterotestamentaria per comprendere tale stato d’animo, basti pensare alle parole che Abramo pronuncia in ” Genesi, 18, 27 ” , osando rivolgere la parola a dio: ” mi sono fatto forza di parlare con te, io, che sono terra e cenere “. Questa prima determinazione, per quanto efficace, ò tuttavia ancora eccessivamente soggettiva per essere abbastanza esauriente: occorre cogliere la dimensione oggettiva del numinosum , chiedersi cos’ ò ” sentito oggettivamente fuori di me “. Qui Otto enuncia la propria famosissima definizione del sacro come mysterium tremendum et fascinans , definizione di cui ò opportuno analizzare separatamente i singoli momenti. Il sacro ò mysterium : il momento del mistero ò basilare nell’esperire il sacro, che appare come ciò che sconcerta la ragione, che lascia senza parole e che sconvolge suscitando stati emotivi quali la meraviglia, lo stupore, lo sbigottimento di fronte a ciò che ò mirum , trascendenza assoluta, “completamente altro”. La componente del mysterium nell’esperienza del sacro trova la propria espressione nel linguaggio allusivo della mistica, così come nel ricorso alla nozione del nulla da parte della cosiddetta “teologia negativa”, che intende tale nozione non in senso privativo, ma indispensabile per indicare l’eccedenza di ciò che qualunque attributo, anche il più eccelso, limiterebbe. Ma il mysterium ò tremendum : con questo termine si intende in generale il timore reverenziale e religioso che il mistero eccita nella coscienza individuale. Questo senso dell’ inquietante, dapprima sotto la forma del terrore demoniaco negli stadi religiosi primitivi, successivamente nella forma purificata di brivido mistico e consapevolezza della nullità umana al cospetto del Tutto negli stadi religiosi più elevati, si metamorfosizza ancora nell’inavvicinabile maestà della potenza divina e nel sentimento creaturale che suscita: ò il momento della majestas , che si assomma al tremendum insieme ad un’ altra sfaccettatura basilare dell’esperienza del numinosum da parte della coscienza individuale: l’ energia , corrispondente alle rappresentazioni simboliche dell’ ira di Dio e a tutto ciò che nel divino ò vitalità , impeto, passione, volontà , forza. Il numinoso non ò tuttavia soltanto tremendum , ma anche fascinans , e in ciò risiede la profonda ambivalenza su cui si articola l’ esperienza del sacro. Esso attrae, affascina, attira a sò, e questa imprescindibile forza attrattiva si intreccia con la spinta repulsiva generata dal tremendum : il movimento verso il mysterium , che la creatura tremante ò spinta irrestistibilmente a compiere, culmina in una sorta di smarrimento ed ebbrezza, che si placano nel supremo momento della grazia e dell’amore divino, cui corrispondono la beatitudine e il rapimento estatico conosciuti dalla mistica d’Oriente e d’Occidente. Momenti lontani da qualunque determinazione razionale. Oltre a mysterium , tremendum e fascinans , Otto introduce un altro momento del numinoso, comunque essenziale per la completezza dell’ analisi: la categoria del sanctum , dell’ augusto , opposto a ciò che ò impuro e contaminato. Qui non si intende tracciare un’opposizione di tipo etico, ma sottolineare come il primo termine del confronto, il sanctum , sia più nobile, abbia maggiore realtà ontologica e sia dunque degno di rispetto e obbligazione al di là di qualsiasi determinazione etica. Il momento della contaminazione, del peccato, accanto alle esperienze necessarie dell’ espiazione e della redenzione, pur presenti in ogni religione, verrà portato dal cristianesimo alla più completa comprensione. In seguito all’analisi dei momenti del sacro, Otto delinea quali possano essere i suoi mezzi di espressione: vi sono dei mezzi diretti (il culto, la preghiera comunitaria, la celebrazione del sacro) e indiretti (come i sentimenti che al sacro si associano, quali il terrificante, il sublime, il misterioso, e le espressioni artistiche, figurative e soprattutto musicali). Otto intende in seguito dimostrare come la religione si autofondi come autonoma esperienza del sacro nella coscienza individuale, cedendo a suggestioni kantiane che segneranno la distanza del pensiero del teologo dalla suola fenomenologica. Il problema ò ora la disamina delle modalità attraverso cui il sacro emerge alla coscienza: Otto prende le distanze sia dalla possibilità empiristica sia da forme radicali di innatismo e si assesta sulla modalità intermedia dell’ “a priori” kantiano. Infatti, il sacro ha nell’anima umana la potenzialità del proprio sorgere, ma ciò non ò sufficiente: esso necessita, per realizzarsi compiutamente, di stimoli esterni e sensibili, come mezzi e come occasioni ma non come fonti per scaturire dalla coscienza umana. Interviene un momento conoscitivo a priori, in cui la ragione, attraverso un movimento introspettivo e critico, porta a compimento ciò che ò latente e non ancora perfettamente compiuto: questa parte dell’impianto dell’opera ò estremamente debole dal punto di vista argomentativo, a causa probabilmente del modo artificioso in cui Otto intende saldare il momento razionale e il momento irrazionale del sacro in una nebulosa dottrina dello “schematismo del religioso” , secondo cui la ragione schematizzerebbe i momenti del sacro in altrettanti concetti razionali. La parte toretica dell’opera ” Il sacro ” costò a Otto molte critiche, inoltre, per i molti elementi riduzionistici che appiattiscono la concreta storicità delle religioni in una prospettiva a tratti astorica (malgrado per Otto la religione cristiana resti più la più alta in quanto portatrice della più completa moralizzazione e personalizzazione del divino) : ciò tuttavia non sottrae nulla alle innovazioni che Otto apportò alla riflessione sul fatto religioso, inteso come strettamente connaturato alla coscienza umana, non solo in filosofia, ma anche nell’ambito di altre scienze umane. E’ da ricordare, infatti, la teoria fenomenologica della religione affermatasi in sociologia sulla scorta delle preziosissime intuizioni del teologo.
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- Filosofia - 1900