Hunc ego non diligam? Non admirer? Non omni ratione defendendum putem? Atque sic a summis hominibus eruditissimisque accepimus, ceterarum rerum studia et doctrina et praeceptis et arte constare: poëtam natura ipsa valere, et mentis viribus excitari, et quasi divino quodam spiritu inflari. Qua re suo iure noster ille Ennius sanctos appellat poëtas, quod quasi deorum aliquo dono atque munere commendati nobis esse videantur. Sit igitur, iudices, sanctum apud vos, humanissimos homines, hoc poëtae nomen, quod nulla umquam barbaria violavit. Saxa et solitudines voci respondent, bestiae saepe immanes cantu flectuntur atque consistunt: nos, instituti rebus optimis, non poëtarum voce moveamur? Homerum Colophonii civem esse dicunt suum, Chii suum vindicant, Salaminii repetunt, Smyrnaei vero suum esse confirmant: itaque etiam delubrum eius in oppido dedicaverunt: permulti alii praeterea pugnant inter se atque contendunt. Ergo illi alienum, quia poëta fuit, post mortem etiam expetunt: nos hunc vivum, qui et voluntate et legibus noster est, repudiabimus?
Versione tradotta
Non dovrei amare costui? Non dovrei ammirarlo? Non dovrei ritenerlo degno di essere difeso (defendendum) con ogni mezzo? E così abbiamo appreso da uomini eminenti e di grande cultura che le altre discipline letterarie (ceterarum rerum studia) si fondano sulla teoria (doctrina), sulle regole e sulla tecnica (ars): (invece) il poeta basa la sua capacità (valere) sulle sole doti naturali (natura ipsa), è stimolato dalle forze dello spirito ed è ispirato (lett. gonfiato) da un soffio quasi divino. Ragion per cui a buon diritto il nostro grande Ennio definisce sacri i poeti in quanto, a suo parere (lett. gli sembra che), (essi) ci sono stati affidati quasi come un dono prezioso (dono atque munere: endiadi) degli dèi. Così dunque sia sacro per voi, giudici, (che siete) persone così colte (humanissimi), questo nome di poeta che nessuna barbarie ha mai profanato. Le montagne e i deserti rispondono alla (sua) voce, le bestie feroci spesso vengono ammansite dal canto (del poeta) e si fermano: noi, educati esemplarmente (rebus optimis: a cose eccellenti), non dovremmo essere colpiti dalla parola dei poeti? Gli abitanti di Colofone affermano che Omero è loro concittadino, quelli di Chio lo rivendicano a sé, quelli di Salamina lo pretendono, quelli di Smirne garantiscono che (egli) sia davvero loro (concittadino): perciò gli dedicarono persino un tempietto in città: inoltre moltissimi altri competono tra di loro e se lo contendono. Dunque quelle persone reclamano anche dopo la morte uno straniero perché fu un poeta: noi, (invece), respingeremo costui, che è vivo ed è Romano (lett. nostro) per sua volontà e in forza delle (nostre) leggi?
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